La Vendemmia e la Sinistra

La gradazione c’è e, il tempo promette asciutto e allora da domani nella vigna del mio vicino di casa Ridolfo si comincia la vendemmia. Il mio vicino ha una gran bella vigna, quasi venti ettari di rosso sangiovese e candido riesling in collina dolce e ben esposta che a guardarla quella vigna dalle finestre di casa, così geometricamente ordinata, colorata quasi a pastello, sembra un’istallazione di land art. Ridolfo è un vecchio vignaiolo, ha più di settant’anni, ma non per questo fa le cose all’antica, la sua vigna è un modello di applicazione della scienza enologica e della tecnica di lavorazione meccanicizzata e informatizzata. E quest’anno c’è una gran novità, per la prima volta la vendemmia non sarà fatta a mano ma con le macchine vendemmiatrici. Ridolfo ha preso questa decisione dopo un gran pensare e ripensare, e anche oggi, alla vigilia, dà a vedere di essere meditabondo e dubbioso. In verità per alcuni aspetti è ancora un uomo all’antica, uomo di antichi principi, uomo di moralità mazziniana, come orgogliosamente ribadisce, e la rivoluzione meccanica della vendemmia lo pone di fronte a una grave responsabilità. Fino all’anno scorso Ridolfo assumeva almeno venti stagionali per la raccolta a mano, quest’anno gliene bastano tre, il resto lo fanno le macchine. Diciassette uomini saranno senza lavoro. La gran parte di loro sono padri di famiglia, tutti perdono una parte importante del loro reddito annuo, molti rischiano di non raggiungere il numero di giornate necessarie per avere il sussidio di disoccupazione, gli immigrati assieme al salario probabilmente perderanno il permesso di soggiorno e si dovranno dare alla clandestinità. Non è un peso da poco quello che opprime la coscienza del vecchio Ridolfo. Ma la decisione è presa, domani si comincia con le macchine, perché, Mazzini o non Mazzini, Ridolfo è un imprenditore e il nuovo metodo garantisce una maggiore razionalità e una migliore qualità della raccolta, e un più alto profitto. Profitto che Ridolfo non userà per andarsene a folleggiare a Montecarlo, ma sarà investito per migliorare ancora l’azienda, allargarla, diversificarla ulteriormente. Posso dargli torto, può darsene lui? Però restano quei diciassette uomini, loro seno sempre lì. Loro e molti altri, naturalmente, perché la raccolta meccanica si sta diffondendo rapidamente in questa zona. Vorrei considerarli almeno per un attimo quegli uomini. Di Ridolfo so molto, di loro niente; non i loro nomi, non i loro pensieri, niente. E sono sicuro che nessun altro qui intorno, tra quelli che conoscono Ridolfo e quello che fa e che pensa, sa niente di loro. Quegli uomini di fatto sono lì ma non esistono, non sono niente; almeno fino all’anno scorso erano forza lavoro, adesso neanche quello. Che ne sarà di loro? E chi lo sa? A chi interessa? Del resto si può forse fare qualcosa per loro? No, niente, niente che si sappia, niente che si possa voler fare. Giusto? Erano polvere, torneranno polvere.
Cent’anni fa proprio in queste zone è successa una cosa analoga quando furono inventate le mietitrebbia e i trebbiatori con la falce si trovarono disoccupati, tutti quanti. Allora qualcosa si trovò da fare perché non si riducessero a polvere. Ci furono grandi e animatissime discussioni tra quei braccianti, ad animarle furono gli agitatori politici del tempo, socialisti, anarchici, repubblicani. Una parte tra questi proponeva azioni radicali, ovvero distruggere le macchine trebbiatrici, altri proposero un’idea piuttosto ardita ma non distruttiva. Proposero di unirsi tutti quanti, togliersi quel poco di pane di bocca per fare una grande colletta, chiedere l’aiuto e la solidarietà delle società di mutuo soccorso e dei partiti politici che avevano a cuore la sorte dei lavoratori e comprare una mietitrebbia. Visto che quello che volevano era solo un salario decente e non un lauto profitto sarebbero stati concorrenziali. Così accadde, fu scelta la linea per così dire moderata. I radicali distrussero qualche macchina senza che cambiasse nulla e alla fine emigrarono nelle americhe, gli altri si unirono in una cooperativa e presero a lavorare con la loro macchina da uomini liberi, anche per gli agrari che li avevano lasciati nella polvere. Ebbero un tale successo che oggi Ridolfo le macchine vendemmiatrici le noleggia dalla cooperativa fondata cento anni fa per la mietitrebbia, che oggi è una potenza imbattibile sul mercato agrario. Destino, o storia, vuole che i discendenti dei braccianti lasciati senza lavoro tolgano il lavoro ai nuovi braccianti. E questi potrebbero fare come cent’anni fa? Forse, non so. Ma se lo potessero sarebbe perché avrebbero innanzitutto l’occorrenza di riunirsi tutti quanti e discutere sul da farsi e trovare una soluzione. La qual cosa pretende una condizione che non c’è, ovvero l’esistenza di agitatori politici, oggi si direbbe quadi politici, radicali e moderati, che, avendo come impegno il sollevare dalla polvere i lavoratori, sapessero come riunirli e offrire la loro superiore coscienza e conoscenza per proposte da discutere e azioni da realizzare. Esisterebbe a parere dei media sia una sinistra radicale che una moderata, ma al momento non risulta sul campo, letteralmente sul campo, la presenza di uno solo dei loro quadri che si prendano a cuore la causa. Sempre secondo i media, ben altre sono le prove a cui si accingono per la salvezza della democrazia. Democrazia di polvere, democrazia nella polvere.

Il Secolo XIX, 20 settembre 2015