Primo Premio

Aylan è un bambino molto fortunato, ha vinto il grande concorso per la foto più emozionante della settimana e adesso è il bambino più famoso del mondo. La sua fortuna è postuma perché, lo sappiamo, Aylan è morto, la fotografia ritrae un bambino morto abbandonato su una spiaggia dall’indifferenza della risacca. Naturalmente se Aylan fosse stato vivo e anche solo ferito, quella fotografia non sarebbe mai stata scattata e se sì gettata assieme a diverse migliaia di altre nella grande discarica web dell’indifferenziata. C’è forse un’altra fotografia di soggetto similare che ha avuto altrettanto successo mondiale, ed è quella, di tanto tanto tempo fa, che ritrae un bambino ebreo che esce a mani alzate dal ghetto di Varsavia guardato a vista dalle mitragliette delle SS. Sì, in quel momento il bambino è vivo, ma ancora per poco, e di certo il suo successo emozionale è dovuto al fatto che chiunque la vede sa che quel bambino va diritto alla camera a gas. Il luogo comune che l’infanzia induca gli adulti a forti sentimenti protettivi è appunto un luogo comune; a parte i propri figli, e non è sempre detto, bisogna che i bambini siano veramente messi male e in odore di crepare per indurci alla commozione e allo sgomento. Pare che la fotografia di Aylan abbia commosso persino i capi di stato, non tutti ma i principali. Non ci credo, i capi di stato sono capi di stato proprio perché non si fanno facilmente prendere la mano dalle emozioni; oltretutto se fossero dei bravi capi di stato a commuoverli dovrebbero essere gli interi popoli che vedono crepare tutti i giorni e che loro stessi contribuiscono a far crepare, che sia di guerra o di fame o di lavoro o di malattia. Il più sincero appare ai miei occhi l’ungherese Viktor Orban, che di Aylan e di chiunque altro che non sia uno di casa sua ammette di impipparsene altamente, e i siriani, gli afgani e compagnia cantante che stanno a menargli il torrone in casa sua li gasa, al momento con gas urticante, poi si vedrà. L’Orban è reduce da una sfavillante gioventù spesa in nome dei diritti umani e civili degli ungheresi che a quel tempo giacevano sotto il tallone di ferro dell’impero sovietico comunista, e a tal proposito ci sono centinaia di migliaia di ungheresi accolti in Europa e negli States come richiedenti asilo, generosamente accolti, sfamati e integrati. O aveva ragione Josif Stalin che si riteneva sicuro della generale indole nazista degli ungheresi e ci siamo messi in casa un bel po’ di potenziali criminali, oppure, e ne sono sicuro, gli ungheresi sono per parte significativa migliori del loro primo ministro e se lo sono votato per sbaglio, che è cosa piuttosto comune tra i popoli d’Europa negli ultimi decenni. Su Google Maps è possibile accedere a una mappa interattiva e seguire in diretta la la marcia, a piedi, dei profughi che attraversano l’Ungheria per transitare in Austria e di lì giungere in Germania; così si può vedere come assieme a quelli che gli sputano contro e gli gridano “non abbiamo bisogno di voi”, ci sono anonimi cittadini che portano acqua e pane, e persino qualche centurione che offre a quei poveri cristi una spugna imbevuta di aceto, che più ancora del limone è il miglior rimedio contro la sete. Nel contempo duemila cittadini austriaci si sono offerti con le loro automobili e a proprie spese di trasportare i profughi in Germania. Nel contempo la signora Merkel scopre che il 60% dei suoi concittadini è a favore dell’accoglienza di quei profughi. Nel contempo i cittadini di Barcellona hanno invitato le altre comunità di Spagna a costituire comitati informali per l’accoglienza di quei profughi, le comunità avocate si sono rivelate disponibili e il primo ministro Mariano Rajoy sta rivedendo la linea di chiusura del suo governo. Nel contempo in Francia, in Belgio, in Olanda e nel Regno Unito, anonimi cittadini si occupano di dare una mano ai profughi che sono arrivati fin lì, e il primo ministro inglese si è detto disponibile a rivedere le sue recenti affermazioni di totale rifiuto della faccenda. Nel contempo in Italia si sono esposti al pubblico ludibrio gruppi di anonimi cittadini, talvolta appoggiati e stimolati dai loro sindaci, che hanno intrapreso analoghe azioni di sostegno umanitario e formulato piani di integrazione assai più lungimiranti e avveduti di quelli ministeriali. Mentre si dice che i sopraddetti capi di stato si siano fatti prendere dalla commozione per la fotografia del povero Aylan, è sicuro che i loro cittadini non abbiano aspettato quell’immagine per muoversi, oltreché, nel caso, commuoversi. Non so dire se si tratti di una inaspettata mobilitazione delle minoranze, delle estreme minoranze, dei popoli d’Europa o del venire alla luce di una loro maggioranza fin qui silenziosa. Non lo so proprio. Ma quello che si vede è che le azioni positive sono tutte degli anonimi cittadini e quelle negative sono tutte sostenute dai loro premier. Se è così, i capi degli stati sono la parte peggiore degli stati. Come si sa anche i peggiori si commuovono e non è escluso che abbiano preso a farsi schifo da soli, ma è assai più ragionevole che abbiano solo buon udito e sia giunto al loro orecchio che la parte peggiore non è poi così maggioritaria come ritenevano. Non così solida, non così affidabile. Pensavo fino a pochi giorni fa che l’unica Europa conoscibile fosse la sua Banca e la sua Moneta, ora ho l’impressione che ne esista anche un’altra, appena percepibile ma non per questo meno interessante, quella dei suoi cittadini di buona volontà.

Il Secolo XIX, 6 settembre 2015