Ci guardano?

Al pari di tutti i media del mondo anche questo giornale ha dedicato una sgargiante prima pagina all’annuncio della NASA del rinvenimento di Kepler 452b, il nostro agognato fratello finalmente ritrovato. È una notizia fenomenale, probabilmente la scoperta del secolo, del genere niente sarà più come prima, e non solo per l’astronomia, ma per le sue ricadute nelle scienze sociali, nella psicologia, addirittura nelle religioni. Lo sapete tutti ormai: da qualche parte lassù, fortunosamente non troppo lontano e non troppo vicino c’è un pianeta tale e quale la nostra Terra. Cagà e sputà, avrebbe detto mia nonna Anita. In realtà, un po’ più vecchio e un po’ più grande della Terra; un rassicurante fratello maggiore, dunque, dove è probabile che abbiano casa forme di vita un po’ più antiche e un po’ più sagge della nostra. Stranamente non ha avuto pari rilievo una notizia del giorno prima, curiosamente affine. In Londra, nella sede della prestigiosa società reale delle scienze è stato presentato Breakthrough Listen, l’ambizioso, sterminato progetto per il rilevamento di segnali radio “intelligenti” provenienti dallo spazio. In verità un antico progetto rivitalizzato con l’immissione di 100 milioni di dollari direttamente dalle tasche di un magnate russo che porta il nome evocativo, e promettente, di Yuri. A presentare all’opinione pubblica il progetto è stato il popolarissimo scienziato Stephen Hawking. Lo ha fatto con parole commoventi. Ha detto che questo è il momento che l’uomo sappia, che sappia se c’è altra vita nell’universo o se “solo su questo pezzo di roccia l’universo ha scoperto di esistere”. Ascolta la grande svolta, come ci invita il titolo. E la svolta è assai probabile, visto che le attuali tecnologie moltiplicano per mille le potenzialità di analisi dei dati pervenuti ai radiotelescopi. E sarà una svolta in piena e universale democrazia, visto che dal prossimo anno sarà diffuso il software che consentirà al mezzo miliardo di pc casalinghi attaccati alla spina della rete di prendersi una fettina dei miliardi di miliardi di segnali ricevuti e analizzarli, scremarli e inviarli ai giganteschi server che scremeranno a loro volta, fino a isolare gli agognati segnali sicuramente non casuali. Se lassù c’è un altro scoglio dove l’universo ha scoperto di esistere, fosse lo yankee Kepler 452b o il pianeta che finirà per portare il nome della moglie, o dell’amante, del compagno Yuri. non c’è dubbio che anche là non stiano in sé dalla voglia di spargere la notizia, questa è la ragionevole certezza degli scienziati e dei magnati. E questa pare l’ardente attesa di tutta quanta l’umanità.
A considerare tutta questa frenesia per il pianeta fratello, e quelli che seguiranno, per i radiotelescopi intercettori di intelligenze superiori e supreme, pare che l’umanità, o almeno la parte che ha tempo e energia da spendere in attese e riflessioni, sia sull’orlo della depressione universale, pare che viva con terrore la sensazione di irrimediabile solitudine che la pervade, e trovi intollerabile dover fare i conti sempre e solo con se stessa; in se medesima dover confidare, contro se medesima contendere e combattere. E volga il suo sguardo al cielo. No, non nella primeva ricerca di un Dio origine e fine di tutto ‘sto casino, visto che avendone trovato un mazzo alla fine non ha saputo di che farsene; no, non più nel modo dell’antico pastore errante per l’Asia, non più in accoglimento del Mistero, la contemporaneità ha elaborato un’idea perversa del mistero. Ma alla ricerca di una soluzione pratica al suo insopportabile stato di dissoluzione. Una soluzione extragalattica. Per anni i saggi sacerdoti della grande e disfatta civiltà Inca passarono le loro giornate a scrutare il mare in attesa dei segni di un radicale mutamento d’epoca proveniente d’oltremare, di una soluzione pratica che loro non sapevano darsi. La loro attesa non fu vana. Vennero Cortes, Pizarro e gli altri e misero la parola fine a tutto quanto. Fu una soluzione assai pratica, seppure non precisamente quella invocata. Stephen Hawking nel promuovere l’ascolto generale della grande svolta, avvisa che al momento la condotta più accorta è quella della “gallina bagnata”, mettersi buoni buoni a ascoltare ma evitare di inviare a nostra volta segnali intelligenti, casomai ci fossero lassù altri Pizarro e altri Cortes disponibili a sistemare le cose a modo loro. Ma chissà se la pensano tutti come lui, chissà che non ci sia qualcuno tra noi che, visto che proprio non se ne puole più, pur privo delle autorizzazioni del caso si metta a digitare giorno e notte la salvifica sequenza di tre punti tre linee tre punti, finché non arriveranno i soccorsi. E allora staremo, staranno, a vedere. Ora come ora godiamoci la, quasi, certezza che non siamo abbandonati al nostro destino, ma raccapriccianti occhi versi sono puntati sul pianeta terra, come il cinema di serie B non ha mancato a suo tempo di profetizzare.

Il Secolo XIX, 26 luglio 2015