Lettera di risposta di De Gennaro
Il 19 dicembre scorso Maurizio Maggiani aveva scritto sul Secolo XIX una lettera aperta a Gianni De Gennaro chiedendogli di intervenire pubblicamente sui fatti del G8 di Genova e di raccontare la sua verità su quei tragici giorni e sul comportamento delle forze dell’ordine. Il Capo della polizia risponde oggi con questa lettera che volentieri pubblichiamo.
Caro Direttore, rispondo al cortese invito che Maurizio Maggiani mi ha rivolto dalle colonne del suo giornale, pur essendo fermamente convinto che chi come me ha scelto di servire lo Stato debba prediligere – non per voto, ma per dovere – la discrezione e la riservatezza. Considero, tuttavia, oggi mio dovere dare voce alle migliaia di uomini e donne della Polizia di Stato e di tutte le forze dell’ordine che ogni giorno, in ogni angolo d’Italia, in silenzio, assolvono ai loro compiti assumendo su di sé rischi e responsabilità. Lo farò nel doveroso rispetto della Procura di Genova, cui sono grato per il lavoro che sta serenamente svolgendo per ricostruire, con puntualità e rigore, fatti e circostanze accaduti in quei tremendi giorni del luglio 2001. Sono certo che dalla Magistratura genovese verrà una risposta chiara ed esauriente sulle specifiche responsabilità di chiunque risulterà abbia commesso reati. Per parte mia il contributo alla verità che posso offrire è quello che mi ha già portato, anche nelle sedi istituzionali e giudiziarie, a condividere con i miei collaboratori la responsabilità della gestione di una vicenda assai complessa, cui abbiamo dedicato professionalità ed onestà intellettuale, animati dal solo proposito di operare per la migliore riuscita dell’evento. Proprio per questo penso che sia necessario accertare gli errori ed individuarne i responsabili, senza però nulla concedere a giudizi affrettati o ricostruzioni parziali. Le forze di polizia a Genova hanno dovuto affrontare un compito gravosissimo che, per la durata e la concentrazione degli eventi, non mi risulta abbia avuto precedenti nel nostro Paese. Vi era infatti la triplice necessità di garantire contestualmente la sicurezza dei capi di Stato e di Governo, la libertà di manifestazione, la protezione dei genovesi. Il tutto con un incombente rischio di terrorismo internazionale che pochi mesi prima aveva portato le autorità statunitensi a chiudere la propria Ambasciata a Roma; mentre il terrorismo nostrano si era risvegliato proprio alla vigilia del G8 con una studiata scansione di attentati incendiari e dinamitardi che, solo per caso, non avevano mietuto vittime. Ebbene, nonostante questo quadro generale e nonostante le difficoltà operative accentuate dal particolare assetto urbano di Genova, le forze dell’ordine si sono dimostrate all’altezza della situazione. Basti ricordare che è stato predisposto un piano di protezione dei luoghi di lavoro e di residenza per oltre ottomila delegati italiani e stranieri e per quasi cinquemila rappresentanti della stampa italiana ed estera; è stata resa assolutamente sicura una vasta porzione della città con i suoi trentamila residenti; sono state adottate misure precauzionali con la chiusura di svincoli autostradali e snodi ferroviari, pur senza impedire la libera circolazione. Impossibile dire quanti imprevisti abbiamo superato, quanti pericoli abbiamo evitato. Eppure, mentre qualcuno criticava le nostre scelte additandole alla pubblica opinione come un tentativo di impedire surrettiziamente la libertà di circolazione e di manifestazione, gli agenti della Polfer ed i loro dirigenti si impegnavano, assieme ai vertici delle Ferrovie, ad allestire treni speciali per favorire la mobilità dei manifestanti: almeno centocinquanta persone hanno potuto raggiungere Genova per esprimere le loro idee e ed il loro dissenso, grazie anche all’impegno ed allo spirito di servizio delle forze di polizia. La pure e semplice verità, caro Direttore, è che gli eventi hanno di gran lunga superato l’immaginazione e le misure di prevenzione adottate; come hanno certamente superato la buona fede di molti organizzatori delle manifestazioni che forse avrebbero potuto, ascoltando con maggiore disponibilità le nostre preoccupazioni, contribuire a ridurre i rischi e i danni. La verità che dunque posso offrire ai cittadini di Genova è quella che – al di là di specifici episodi tuttora al vaglio del magistrato – emerge da una obiettiva ricostruzione di qquei terribili giorni e dalla serena valutazione di numerose altre manifestazioni di protesta che si sono svolte successivamente in tutta Italia. Rispondo così ad una precisa sollecitazione del suo editorialista. Una soltanto era la volontà della autorità di pubblica sicurezza preposte a gestire un evento così difficile, quella di attuare in pieno le direttive del Governo: sicurezza del vertice, protezione di Genova e dei suoi abitanti, garanzia delle libertà di manifestare e tutela dei manifestanti pacifici. Per il raggiungimento di questi obiettivi si è concordemente mossa una complessa macchina organizzativa che ha visto operare all’unisono oltre quindicimila uomini e donne delle forze dell’ordine e delle forze armate, migliaia di mezzi, decine di strutture di supporto. Carenze ed errori di singoli, ora all’esame della Magistratura, non possono comunque mettere in dubbio la complessiva correttezza e l’efficacia dell’operazione. La preordinata violenza di una consistente minoranza di facinorosi, l’adozione di tecniche di guerriglia urbana che non è stato, al momento, possibile contrastare, la forte tensione che ne è conseguita, il necessario impiego della forza per garantire l’ordine pubblico che spesso determina conseguenze non volute: tutto ciò costituisce il riepilogo drammatico di una vicenda che ha insegnato a tutti qualcosa. La verità è che la stragrande maggioranza pacifica dei dissenzienti ha da allora meglio compreso che occorre isolare chiunque voglia esprimere le proprie idee con il ricorso alla violenza. E così si è impegnata a fare dopo le tragiche vicende del G8. La verità è che le forze di polizia, eredi di una profonda e radicata tradizione democratica di tutela delle libertà, credono nei valori della nostra Costituzione, detestano la violenza e ricorrono all’uso della forza solo quando è assolutamente indispensabile, preferendo invece l’arma del dialogo e il metodo della prevenzione. Vengono dalla sincera condivisione di queste verità le decine di manifestazioni pacifiche che quotidianamente si svolgono nelle strade e nelle piazze delle nostre città; e vengono da qui la capacità di fare autocritica per gli errori commessi e la forte richiesta delle donne e degli uomini delle forze dell’ordine di essere capiti nelle loro difficoltà e di essere aiutati a superarle per il bene di tutti. Non ci sono altre verità, c’è invece il desiderio ed il bisogno di ringraziare la città di Genova, per la tenacia e la tolleranza dei suoi cittadini, che ancora una volta hanno dimostrato di saper comprendere e di saper affrontare disagi e difficoltà dando a tutti una persuasiva lezione di civiltà. Signor Direttore, so qual è l’impegno che ci attende nel prossimo futuro, quali sono le insidie – ed il vile attentato alla Questura ne è un triste esempio – ma mi sento di poter dare piena garanzia a tutti che sulle nostre forze dell’ordine, sulla loro affidabilità e disciplina, sul loro senso del dovere e sul loro spirito di sacrificio ci si può contare, perché esse sono e vogliono essere un saldo presidio di libertà per tutti gli italiani. Buon Anno.
Gianni De Gennaro.
Tratta da “Il Secolo XIX”, 30 dicembre 2002