Maurizio Maggiani: Sul nucleare dissenso informato

Vent’anni fa fui chiamato assieme agli altri trentacinque milioni di aventi diritto a decidere se il mio Paese doveva o non doveva proseguire la sua politica di produzione di energia nucleare. Assieme alla grande maggioranza e alle indicazioni di molti partiti politici, decisi che no, che non si doveva. Popolo sovrano. In questi giorni è stato ufficialmente annunciato che il mio Paese ha firmato accordi che lo impegnano in una politica di produzione di energia nucleare che ha già i suoi tempi di realizzazione, i suoi costi, le sue strategie.
Se la democrazia fosse ancora la pratica concreta della volontà popolare, logica vorrebbe che prima che il mio governo prendesse impegni, io fossi chiamato a esprimermi nuovamente, libero di aver cambiato opinione o di riconfermare la mia vecchia.
Ma c’è un qualche principio della democrazia sostanziale che in questo Paese oggi sia tutelato e promosso? No. Infatti non è questo l’unico caso di disprezzo della volontà popolare: molte importanti riforme politiche sono state attuate in direzione esattamente opposta alle decisioni espresse dai cittadini nei diversi referendum in cui hanno potuto dire la loro: finanziamento pubblico dei partiti, sistemi elettorali, ecc… ecc…
È molto difficile stabilire quando in questo Paese il popolo sia sovrano e quando no. Probabilmente, oggi come oggi, al popolo non interessa neppure più tanto essere sovrano, sulla scia di una lunga tradizione di rinuncia alla sovranità in cambio di altro e più gradito. Chi mi dice che non è necessario che io venga interpellato, sostiene che ho certamente cambiato opinione – chissà da dove gli viene questa supponenza – e che comunque quando decisi lo feci per motivazioni emozionali e senza razionalità. E questo in parte è vero.
Oggi so che ho detto no al nucleare non avendo adeguate informazioni al riguardo, ma vivendo una fortissima pressione esercitata dal recente disastro di Chernobyl, e dall’idea stessa di “nucleare”. Come dimenticare, in anni in cui giravano alcune decine di migliaia di bombe atomiche, che l’energia atomica non fu realizzata per fornire all’umanità energia illimitata, ma per distruggere il nemico a costo di distruggere il mondo intero? Energia atomica era innanzitutto “l’atomica”, l’orrore più grande inventato dall’umanità.
Del resto le potenze atomiche, Usa, Francia, Cina, Urss, Inghilterra, avevano tutte iniziato con i programmi militari e poi riversato un po’ di background nel civile. Ancora oggi la Francia non è leader mondiale nella produzione di energia atomica per un’accorta e redditizia politica, ma come inevitabile conseguenza della sua politica, assai poco economica in verità, di grandeur, e la sua energia costa poco ai francesi solo per il fortissimo intervento di sostegno statale. Questo non sta scritto su un memoriale segreto, ma su un qualunque giornale francese.
Già, l’informazione. Vent’anni fa non ce n’era abbastanza a diretta disposizione dei cittadini perché potessero decidere con cognizione di causa. Gli stessi fautori del nucleare sostenevano pubblicamente posizioni fortemente ideologiche, come se non avessero voglia di farsi capire, dicevano un sacco di palesi bugie, come se fossero essi stessi travolti dai rischi insiti nella tecnica nucleare. Chernobyl fu il più tragico, ma non l’unico incidente di quell’epoca; nel mondo se ne contarono almeno 6 di intensità 5 e 6 della scala Ines (limite 7) e c’erano buone ragioni per sospettare che molti atri fossero stati coperti da segreto militare. Da allora sono cambiate molte cose. La tecnica si è evoluta, è molto più difficile nascondere le cose, abbiamo molta più fame di energia no-carbonio. Ma siamo più informati? Ci sono state messe a disposizione congrue informazioni per decidere oggi con maggiore cognizione di causa? No, non credo. Da un lato si continuano a sollecitare le pulsioni emotive e a proporre piani di produzione alternativi inverosimili.
Se fossimo un Paese virtuoso come la Germania, la Svezia e, pare, prossimamente gli Usa, potremmo ragionevolmente pensare di produrre entro 20 anni il 25% del nostro fabbisogno da fonti rinnovabili; non di più, e sarebbe un bellissimo risultato. Dall’altro lato si continuano a farfugliare slogan e a dire bugie. Non è vero, ad esempio, che l’energia atomica sia economica, è invece cara; è un investimento strategico che si ammortizza in decenni, se tutto va bene. I francesi pagano meno di noi la loro bolletta perché lo Stato ci mette una parte di soldi e vigila occhiuto che le agenzie private non guadagnino troppo. Non è vero che non ci siano più rischi; ce ne sono sempre meno e ce ne saranno meno ancora, a fronte di una conduzione esemplare degli impianti e al proseguo della ricerca. Da dove ricavo queste informazioni? Dalla stampa specializzata ad alta attendibilità, che è stampa perlopiù straniera.
Come può un lettore giudicare se dico il vero? Non può, perché ha scarse possibilità di informarsi come faccio io, che ci spendo un sacco di tempo e di denaro, e i media a cui accede sono di un pressapochismo delittuoso. E non è detto che io sia informato a sufficienza, perché a mia volta non sono uno specialista e devo rinunciare a capire parte di ciò che può aggiungere informazione. Ci sono, è vero, bravi e attendibili specialisti anche in questo Paese che si offrono di informarci, ma sono quotidianamente sommersi da una montagna di paccottiglia, perché la paccottiglia è conveniente e fascinosa assai più della serietà.
Se fossi chiamato, e non lo sarò, a decidere sul futuro energetico nucleare del mio Paese voterei ancora no. Non perché sia ancora contrario per ragioni di principio, cosa che non è più, ma in base alle informazioni che ho e quelle che non ho. Tutto quello che so è che il nucleare è un impegno strategico che si proietta decenni nel futuro e pretende serietà e affidabilità che nessun governo ha intenzione di garantirmi, cosa di cui ho ampia esperienza. So che, differentemente da tutti gli altri Paesi avanzati, il mio non investe nulla e non promuove in nessun modo, ma penalizza se possibile, la ricerca e l’applicazione delle fonti rinnovabili di energia; e tutti, ma proprio tutti, compresa dunque la Cina, i Paesi che sono impegnati nel nucleare investono altrettante risorse anche in questo settore altrettanto e ancor di più strategico. Perché so, e anche in questo caso mi soccorre l’esperienza, che gli enormi costi del nucleare finirò per pagarli io come contribuente, anche se mi si assicura del contrario; e alla fine sarò destinato a finanziare i guadagni di qualche grande impresa e non il mio benessere energetico; visto che – vuoi scommetterci? – qualche grosso problema finirà per frapporsi in corso d’opera a una soddisfacente realizzazione degli ambiziosi programmi.

Tratto da “Il Secolo XIX”, 1 marzo 2009