“Maurizio Maggiani: Il segreto della buona vita? Gelosamente custodito nel cibo non “taroccato”
Miei cari lettori, che ne dite di una ricetta? Un ricetta fresca, estiva, semplice, per un pranzo nutriente e appetitoso. Ce la possiamo mettere una ricetta nella prima pagina di un onorato quotidiano? Secondo me sì; parliamo di cibo e dunque parliamo di vita, parliamo di buon cibo, parliamo di buona vita. Nella fattispecie, non ho mangiato di meglio negli ultimi anni, ve lo assicuro, ho realizzato tutto con le mie stesse modeste mani e ho speso circa un euro pro capite. Come dire che possiamo pure vederci il risvolto politico. Ecco. Prendete dunque per ogni commensale due frise, la nota galletta tonda di grano duro tipicamente pugliese. Scegliete le frise che siano le migliori in assoluto e io vi consiglio il forno Antonazzo di Superzano. Se vi è difficile raggiungere Superzano, Antonazzo ha aperto un punto vendita anche nella più nota Casarano, sempre in provincia di Lecce. Ammollatele passandole sotto il rubinetto. Quindi prendete una manciata di pomodori Vesuviani in perfetta maturazione; per comodità e garanzia potete usare quelli dell’orto della madre di Gianfranco che sta appunto a Castrano. Tagliateli in due, spremetene il succo sulle frise e poi, sminuzzati, distribuiteceli sopra. A questo punto aggiungete una bella gollata di olio. Tutto è decisivo in questa ricetta, ma l’olio è vitale. Va benissimo il Primolio dei fratelli Primiceri di qualità e lavorazione eccelsa; i fratelli hanno punto vendita sul ciglio della strada davanti al loro oliveto e al frantoio, tutti a Castrano vi sanno dire dov’è. Se non vi va di comprare l’olio, chiedetelo pure a Giuseppe, amico di Gianfranco, che ve ne da volentierissimo quanto ve ne serve. Non abbiate paura a metterne troppo di olio: la frisa deve esserne pregna. Quindi una spruzzata di sale, va bene quello del tabacchino o se no anche quello in cucina di Giuseppe, e una spolveratina di origano. L’origano si trova sul ciglio delle strade salentine, volendo proprio davanti al podere dei fratelli Primiceri. Quindi il tocco di classe: sopra tutto una montagnola di Caruselle. Le Caruselle sono i fiori di finocchietto selvatico appena sbocciati e conservati sotto aceto nell’inverno; hanno un profumo intenso e delicato, struggente. Sono rari e difficilmente commerciati; ma la mamma di Gianfranco ce ne ha qualche arbanella, e ve ne regala un po’ volentieri. I salentini sono molto ghiotti ma anche molto ospitali, non temete a chiedere, come loro non temono a condividere. E a questo punto, nel cuore della canicola, al riparo di un antico fico recintato da qualche vecchio sasso di tufo, farete un pranzo che ricorderete per molte stagioni a venire. Se vi va il vino, e spero che vi vada, chiedete cortesemente di farvi assaggiare quello di Giuseppe, un rosso di negramaro con un pizzico di malvasia nera, sempreché non sia già stato lui ad offrirvene. Ho preparato questa ricetta la settimana scorsa; eravamo in sei e quei sei euretti li abbiamo spesi per le frise, il sale e i tovaglioli di carta. Ciò che ci è stato offerto ha un valore commerciale intorno ai due euro e trenta cadauno, un valore affettivo e amicale immisurabile. In tutto tre euro e trenta per un sogno organolettico, un’occasione culinaria unica. Il punto è che per arrivare nel Salento ci ho messo dieci ore e ho speso 150 euro di benzina e autostrada. Ma una volta nella vita si può fare o no? Certo che si può fare, non vi pare? E vi chiedo: preferite, una volta nella vita, godervi la Frisa di Castrano o dare 150 euro pro capite a un megalomane che vi attendeva in agguato su una guida gastroniomica in divisa da cuoco multimediale slow, affetto da sindrome narcisistica, che osa farvi pagare quella cifra per costringervi a deglutire il frutto dei suoi deliri di paranoico disfunzionale con esiti di distorsione sensoriale? Anche quest’ultima è, me lo auguro, un’occasione da una volta nella vita. Scegliete voi.
Tratto da “Il Secolo XIX”, 29 luglio 2007