Maurizio Maggiani: Intelligenza e scelte di vita. Il delfino batte l’homo sapiens
Ho portato il mio ineffabile nipotino Richi al delfinario di Gardaland. Smania per i delfini; tutti i bambini lo fanno e non ce n’è uno che nei pressi del suo lettino non abbia, come lui, un mega delfinario in gomma, plastica e peluches.
Chissà quale segreta intesa lega i bambini ai delfini, così distanti che forse non potranno nemmeno mai vederli, così vicini da essere più rassicuranti di qualunque altro animale, cucciolo di famiglia compreso. Ma se li osservate, i bambini, mentre si parlano con i delfini in un loro muto alfabeto che sa valicare barriere di vetro corazzato e tonnellate di acqua, non potete dubitare che una corrente emozionale molto particolare, intima direi, corre dagli uni agli altri.
Guardo Richi e non so cogliere il segreto; vedo solo che né con gli animali di casa, né con quelli fantastici dei suoi cartoni e dei suoi giochi prova emozioni così intense. Guardo i delfini e mi chiedo cosa pensino di Richi, di me, dell’Universo, della vita. Ho appena letto un vecchio numero di Lancet, la rivista scientifica inglese, e ora so che i delfini sono probabilmente gli animali più intelligenti del creato. Intendo tutti gli animali, me compreso. E voi, se mi permettete l’audacia. Sono talmente intelligenti che a un certo punto della loro evoluzione, avrebbero potuto giocarsi il dominio del Terra proprio con noi. Ma hanno scelto qualcos’altro; se ne sono restati in acqua a pensare a chissà che. Perché pensano, molto, e ne parlano tra loro. E forse ne parlano ai bambini.
Pensano, e mangiano, e sonnecchiano, e fanno l’amore, e giocano. Nient’altro. Di tutto il resto non sanno che farsene; e il resto è tutto ciò che invece noi abbiamo voluto imparare a fare. Lancet dice che i delfini sono gli animali che lavorano di meno in assoluto; dedicano meno tempo di qualunque altro essere vivente superiore ad attività utilitaristiche, azioni volte a scopi pratici. Meno persino dei felini, che ci sembra passino la vita a sonnecchiare. L’animale che lavora di più è la formica; che per altro è di intelligenza estremamente limitata: sembra che sappia fare bene le sue cose, ma solo perché è limitata al massimo nella possibilità di scelta. Sa dare solo poche risposte semplici a pochi semplici impulsi; è un organismo molto specializzato ma stupido. Può capitare di confondere l’ottusa operosità con l’intelligenza. Ma se tra gli animali inseriamo anche la specie homo sapiens sapiens, allora, sorprendentemente siamo noi che passiamo più tempo a darci da fare. Lavoriamo il doppio delle formiche. Lo dice Lancet, e fa vedere per bene tutti i conti.
Guardo i delfini e mi sorgono dal profondo alcune domande cretine. Domanda cretina numero 1. Vorrà dire qualcosa se l’animale più stupido lavora più di tutti e quello più intelligente trascorre la sua vita tra gli spassi? Domanda cretina numero 2. Quanto è più intelligente dei delfini l’homo sapiens sapiens, la specie dominante che sta lavorando alacremente giorno e notte con l’unico scopo visibile di distruggere ogni cosa sulla Terra, a partire da se stessa?
Qualcuno sa rispondere? Lancet si limita a constatare che i delfini hanno fatto una scelta e gli uomini un’altra. Non parla di scelte giuste o sbagliate, dice solo che è andata così, e né loro né noi possiamo più cambiare strada. Ma guardo Richi che parla con i delfini e non so cosa darei per sapere quello che si stanno dicendo. Cosa ci tengono nascosto dei loro segreti. Intanto constato che ho dovuto lavorare anche per pagare il biglietto che mi permette di stare a guardare una coppia di delfini che mi sbatte in faccia il suo totale disinteresse per il mio faticare.
Tratto da “Il Secolo XIX”, 8 luglio 2007