Maurizio Maggiani: Ferrovie, ora basta. Chiedo solo vendetta
Frugando nell’archivio ho notato che da anni, a scadenza semestrale, scrivo un articolo sulle ferrovie; qualcosa come una tradizione. Prendo il monitor del computer come fosse il Muro del Pianto, ci batto la testa sopra e mi dispero e piango e impreco e denuncio e inorridisco. Non uno dei miei articoli è servito a qualcosa di buono: puro esercizio di masochismo.
Varrebbe la pena di piantarla lì; senonché è cambiato il governo, ed essendo quello nuovo un governo terribilmente spostato a sinistra, c’è qualche probabilità che tra ministri e sottosegretari – così numerosi e così proletari – qualcuno sia uso – o lo sia stato prima di accedere al paradiso delle auto blu – ad utilizzare ciò che resta delle Ferrovie, a condividere la mortificazione e la pena del popolo che arranca nello sfascio delle rotaie, nel putridume dei convogli, nella desolazione delle stazioni.
Essendo stato da tempo abbandonato dalla speranza di una qualche forma di giustizia ferroviaria, ciò che mi sprona è ormai solo sete di vendetta. Questo è quello che voglio: vendetta. Faccio dunque appello all’ala radicale che condiziona così pesantemente l’azione di governo perché sia applicato alla dirigenza centrale delle ferrovie il provvedimento di giustizia rivoluzionaria più consono: pubblica fucilazione a seguito processo sommario.
Avendo mio malgrado imparato ad essere realista, faccio in sottordine appello all’ala moderata del governo perché, avendo riserve morali sulla pena di morte, consegni l’intera dirigenza ai lavori socialmente utili nei campi profughi da scegliere a piacere sulla lista dei last minute delle Nazioni Unite. Insomma, fate voi, ma levate di mezzo questa gente che, avendo ormai compiuto la missione di sfacelo, passa il suo tempo a dilettasi, sulluccherarsi, sbellicarsi in un sadico esercizio del genere “cosa ci inventiamo oggi per far schiattare la massa dei coglioni?”. Perché gli ultimi mesi passati sui marciapiedi e sulle carrozze mi danno la certezza che quelli vogliono solo divertirsi a fare impazzire di rabbia e di bile la spettabile clientela. Ci godono ad insultarci, altra ragione non c’è. Insultarti rifiutando il rimborso per un ritardo di 50 minuti perché 40 minuti sono imputabili alla pioggia. Oggi come oggi, i treni quando piove si bagnano e devono prendersela calma come i pedoni senza ombrello? E quest’inverno, quando ti dicevano che con la neve i treni scivolano sulle rotaie e allora bisogna stare attenti andare piano piano come i bambini con le galosce, è o non è insultarti? E non ti insultano quando la voce – sintetica, preregistrata – dall’altoparlante ti avvisa che il treno partito da Livorno, a 50 chilometri di distanza, ha 30 minuti di ritardo “causa eccessivo traffico sulla linea”? Che è successo, c’è ingorgo sulla corsia di sorpasso? C’è coda al casello di Massa? E quando la voce ti dice che il ritardo di 25 minuti è dovuto alla “grande affluenza di pubblico nelle stazioni precedenti”, cosa ti immagini? Che i capotreni hanno perso tempo a pigiare le moltitudini dentro i vagoni e ci sono stati tafferugli con i riottosi? O pensi che ti prendano per il c., che si inventino battute spiritose, visto che non sanno come passare il tempo? E se viaggi in un intercity plus Napoli-Sestri Levante – plus, capite, quello fico, quello che se non prenoti, nisba – e una delle due carrozze di prima classe è chiusa perché non ci funziona niente, cinque carrozze di seconda hanno le latrine inutilizzabili, quattro porte non sono funzionanti, non pensi che ti stanno insultando a morte? E quando senti il capotreno disperato perché constata che nella stazione di destinazione non c’è nessuno che possa riparare le cose e quel treno l’indomani mattina partirà così, non pensi forse che oltre a insultare te e il loro personale, siano anche criminalmente inadempienti ai minimi criteri di sicurezza?
Lasciamo perdere il confort e la decenza, che quelli ce li siamo scordati. Ma sentite l’ultima, che ancora non ve l’hanno detta perché il personale addetto, poveraccio, si vergogna. Dalla prossima settimana cambierà “il piano tariffario” per gli intercity e gli eurostar. Ci saranno tre tariffe: quella che pagate oggi vi consente solo di prendere un treno, quello scelto con prenotazione, e morta lì, senza poter aprire bocca in nessun caso. Quella “extra”, che costerà il 20% in più, vi consente di essere rimborsati, di cambiare treno, di accedere addirittura alle informazioni presso i Club eurostar. Quella “soci”, che vi consente di utilizzare cosa? Non lo so. So che io sono socio da diversi anni e per me dicono che forse non cambierà niente. Avendo pagato naturalmente. Ora, immaginiamo una grande stazione, vediamo le code di oggi, ricordiamo che, ad esempio, a Genova Brignole dopo le 8 di sera è aperto solo sportello, e immaginiamoci domani la gente che deve decidere, in coda, in base all’offerta dell’uomo allo sportello, tariffa scegliere. Che si interroga e interroga, che ci riflette infine tenta la fortuna. Quello che i pazzi che impazzano nelle sedi preposte incubi ferroviari hanno pensato, è che il popolo italiano bisogno di disciplina. Deve essere indotto ad avere chiare su ciò che deve tempo; il giorno innanzi, meglio se la settimana prima, meglio ancora se il mese Organizzarsi e non scocciare non pretendere. Le ferrovie come sistema punitivo educativo. Ciò che in tutta Europa considerato diritto minimo garantito per i viaggiatori, questo Paese, è un lusso andrà pagato salato. Naturalmente in questo modo racimoleranno un pugno di euro. quelli non ci salveranno certo le ferrovie e non ci pagheranno nemmeno un locomotore decente. Probabilmente ci verrà fuori la gratifica dirigenti che questa volta hanno davvero avuto una idea. Vendetta, ormai altro chiedo.
Tratto da “Il Secolo XIX”, 11 giugno 2006