Maurizio Maggiani: Congresso DS allo Sheraton. Buon lavoro compagni marziani
In questi giorni si è celebrato il congresso ligure dei Ds, il maggiore partito della sinistra italiana, il partito che avrà, si presume, le maggiori responsabilità nell’eventuale prossimo governo di centro sinistra. Non ne parlo nel merito perché non ho nessuna autorità per farlo, e, nello specifico perché non ne ho seguito i lavori. Magari mi sarebbe piaciuto farlo – sono vivamente interessato a quello che accade nel pensiero e nella prassi di quel partito – e, pur privo di un invito, sono propenso a credere che non mi si sarebbe negato l’ingresso, ma il luogo di svolgimento di quel congresso mi ha tenuto alla larga. È una questione di immagine e di simboli che mi ha tenuto lontano.
I congressi, è detto, si celebrano: come si celebrano matrimoni, funerali, feste nazionali, significative ricorrenze. In un Paese dalla profonde radici cristiane spoglie da tempo immemore di una vera e viva spiritualità, la celebrazione di un rito, la rappresentazione plastica e materiale di ciò che è dello spirito e della sua interiorità, la partecipazione a quel rito, è di vitale importanza per il permanere delle sue alte e ineffabili ragioni soggiacenti. Celebrare la festa del Primo maggio significa credere ancora nell’importanza del lavoro, come celebrare la Liberazione ci pare il più forte antidoto contro il revisionismo della nostra storia. Andare ammessa ci fa sentire cattolici, celebrare il nostro matrimonio ci fa sentire sposi. Il rito è forma ed è simbolo, il rito è “medium”, immagine nella sua potenza comunicativa.
Il congresso ligure dei Ds si è celebrato presso l’hotel Sheraton adiacente all’aeroporto Cristoforo Colombo. La prima e più potente immagine di quel rito, fondamentale nella vita del partito, è il luogo dove si svolge. Nella loro storia i partiti hanno sempre scelto con cura i luoghi dei loro riti proprio perché già da questo intendono dire ed essere qualcosa di preciso per chi partecipa e per chi osserva, in particolare il Partito comunista, che ha sempre posto la massima attenzione nel rivolgersi al popolo, al suo popolo in primis. Tanto per citare un esempio. Occhetto non ha scelto a caso la Bolognina, cuore della tradizione comunista, per il fatidico discorso che mise fine alla storia del suo partito e pose le basi, piuttosto incerte invero, per uno nuovo.
Cos’è lo Sheraton Hotel, che immagine comunica di ciò che avviene nelle sue sale? Cosa si vuol dire celebrandovi il massimo rito di un partito? Quell’hotel, come centinaia di altri costruiti attorno agli aeroporti, è il luogo più distante possibile dalla città, dalla sua vita, dalla gente che ci vive, il più distante possibile dalla realtà. L’aeroporto è per funzione e definizione luogo di extra territorialità e l’albergo che gli sorge accanto è destinato a gente di passaggio, spesso solo per poche ore; persone che non possono, e neppure sono interessate, a sapere ciò che esiste al di là dei recinti e dei parcheggi e degli svincoli e delle bretelle che possono osservare dalla finestra delle loro camere.
In questi hotel si fanno anche congressi perché è estremamente economico e assai produttivo lavorare senza stimoli esterni, dove i partecipanti arrivano senza faticosi e costosi spostamenti nel tessuto cittadino, e dove possono essere distratti dai loro interessi, siano odontoiatri o venditori di aspirapolvere, solo dalle gambe della loro vicina di poltroncina. Questo genere di congressi consumati, non celebrati, in questo genere di hotel, prevedono solitamente delle pause durante le quali apposite navette conducono i partecipanti a un breve giro turistico della città, una città che vedranno sfilare attraverso i finestrini bruniti. Magari è compresa una breve sosta presso un museo o un ristorante o un locale notturno, a seconda dell’indole generale dei partecipanti.
Perché è stato scelto lo Sheraton per la celebrazione di un rito politico così importante, visto che la ragione è oggi, e domani lo sarà ancora di più, un’entità forte e prepotentemente autonoma e autodiretta, visto che i Ds la governano, visto che probabilmente domani governeranno l’intero Paese? Forse per praticità? Forse i partecipanti si sono spostati in massa in elicottero dall’aeroporto di Luni o in Falcon da quello di Albenga? Non credo, e non so trovare altre ragioni. Ma quello che vedo è questo. Vedo un luogo respingente e lontano, dove non è immaginabile che un cittadino comune simpatizzante o curioso, abbia voglia di arrivarci. Vedo un luogo estraneo a ogni impulso e condizionamento ambientale, ininfluenzabile da ogni genere di sollecitazione che possa venire dal tessuto sociale della città. Sia una fabbrica se intendi rivolgerti agli operai, un teatro del centro se vuoi che ti ascoltino tutti, o la sala chiamata dei portuali se il tuo problema è il rapporto con loro. Come altre volte è successo. Perché fosse più visibile e presente, perché fosse immagine più forte, la Regione ha aperto i suoi uffici di relazione nella piazza più centrale di Genova. Per poter lavorare indisturbati i delegati del partito dei lavoratori, dei giovani, dei disoccupati, degli intellettuali, si sono andati a rintanare all’aeroporto; questo è quello che vedo e che sento.
Come se il maggior partito della sinistra avesse voluto diramare il seguente secco comunicato: gente, fuori dai piedi, qui i posti sono al completo, le iscrizioni chiuse, le idee chiare, quello che dovevamo sapere lo sappiamo già a memoria e per i suggerimenti il nastro è già pieno. Lasciateci fare i nostri conti in santa pace che non abbiamo tempo da perdere. Come dargli torto? I Democratici di sinistra non sono un partito di massa e pare evidente che non siano interessati ad esserlo. Probabilmente hanno elaborato la teoria della fine dei partiti come strumento di partecipazione e coscienza, ritenendo prioritaria in questo momento della loro storia la costruzione di un partito di potere, per l’acquisizione e la gestione del potere. E il potere non è roba da gestirsi in mezzo alla piazza.
Proposito più che legittimo, naturalmente, basta sistemare un po’ meglio l’idea di cosa sia la sinistra, di cosa sia la relazione tra un partito della sinistra e i cittadini, quale sia la natura della democrazia e quale quella del potere. Temi sui quali, personalmente, penso di riflettere meglio seduto a prendermi il sole sui gradini di piazza Matteotti con qualche amico, piuttosto che allo Sheraton. Detto questo, buon lavoro compagni.
Tratto da “Il Secolo XIX”, 25 settembre 2005