Maurizio Maggiani: Partiti e potere hanno logorato la democrazia del referendum
Se il Parlamento, se i partiti nel Parlamento, se i gruppi di potere nei partiti, non provvederanno con uno dei loro rari ma stupefacenti colpi d’ala e riusciranno dunque ad intrallazzare qualche modifica ai loro occhi passabile alla legge sulla fecondazione assistita, da qui a giugno saranno indetti i referendum per abrogarne quattro degli articoli salienti. E io tremo; non, ne sono, da quei referendum, terrorizzato.
Ho la mia modesta carriera di impegno civile, di gesti di impegno. Il mio primo gesto, quello che vale la pena che io ricordi quando mi interrogo su quello che che di buono ho fatto per meritarmi la mia cittadinanza, si perde nel lontano, fantastico ’74. Allora, assieme a un gruppo messo su nel quartiere di altri ragazzi e ragazze, facemmo un documentario sulla condizioni della donna. Volevamo impegnarci nel referendum sul divorzio, ce ne andammo in giro per piazze, cortili e mercati a proiettare il nostro documentario – non un capolavoro, visto con lo sguardo del poi – e a parlare, discutere, contendere. È un bel ricordo, è stata una bella battaglia, la prima volta nella mia imberbe vita di rivoluzionario di astratti ardori in cui mi sono confrontato con uomini e donne in carne ed ossa, ciascuno con il suo pensiero e il suo modo di pensare la vita.
Una battaglia vinta, una delle poche. Credo che sia per questa ragione molto personale che ho una venerazione per il sistema del referendum, per questa forma di democrazia che chiama il popolo a esprimersi nel controllo diretto e immediato sul lavoro legislativo del suo parlamento. Passo anche sopra alle sue limitazioni, all’idea che il popolo possa solo abrogare e non proporre, ma ci tengo al referendum come alla cosa più preziosa che mi è rimasta per affermare la mia cittadinanza.
Il potere politico ha elaborato nel tempo troppi mezzi per sfuggire al mio controllo, per eludere il mio mandato di elettore, per farsi i fatti suoi nonostante i solenni impegni che con me si è preso. Viva il referendum. E tremo, e sono in balia del terrore. Per le ottime ragioni che seguono.
L’istituto del referendum è stato massacrato negli ultimi venti anni. Sfibrato, nullificato, sbeffeggiato. Ai poteri non piace la democrazia in questo paese, non quando sfugge alle loro intenzioni e al loro controllo. A nessun potere piace, neppure alla sinistra quando si è fatta potere. Passati i referendum su divorzio e aborto, constatato come era possibile i cittadini potessero rivoltare le leggi del Parlamento, farsi autori in proprio di cambiamenti radicali, non è stato difficile correre ai ripari, studiare contromisure. Così il popolo è tornato a dire la sua su questioni fondamentali ed è stato come se nulla fosse accaduto. Peggio, il popolo è stato preso in giro, per usare un eufemismo. Ha detto che andavano abrogati i finanziamenti ai partiti e i partiti hanno trovato il modo di finanziarsi più e meglio. Ha detto che il sistema politico del paese dovesse essere di temperamento inequivocabilmente maggioritario e è stato prima inventato un agghiacciante ibrido e ora si sta per decidere addirittura per l’opposto. Il popolo si è persino espresso per la fine del ministero dell’agricoltura ed è stato inventato il ministero delle politiche agricole. Eccetera eccetera. E poi. Pare che bisogni parlar bene dei radicali, della loro indefessa opera di democrazia referendaria. Ma ricordate come i radicali ci abbiano costretto ad andare a votare per dozzine di referendum, mettendo assieme questioni capitali con altre oscure. Si può uccidere un atto democratico anche per eccesso. Perché lo hanno fatto? Forse i radicali sono stati troppo ingenui, sbadati nell’uso, innocentemente entusiasti? Sarò un uomo di animo impuro, ma non lo credo. Il referendum è anche strumento del potere. Chi ha in pugno le firme brandisce un’arma che può costringere altri poteri a patteggiare; patti che non riguardano necessariamente la materia del contendere e men che meno il volere popolare. È successo anche questo. Fino a che i cittadini hanno smesso di crederci e non sono più andati a votare. E neppure le buone intenzioni – che qualcuno ne ha anche avute – li hanno convinti a tornare a farlo. Scarsa credibilità, fine di un’epoca. Fine del meglio della democrazia di questo paese; non c’è più un partito politico che possa convincere anche solo i suoi elettori sulla loro effettiva libertà di decisione in merito alle cose che davvero contano.
Si potrà dunque fare il referendum su una legge che reputo odiosa e in certi punti addirittura priva di umana decenza. Credo di non essere il solo a pensarla così, anzi. Tremo all’idea che i miei concittadini disperino di modificarla e lascino perdere le schede e i seggi. Tremo all’idea che ricordino come sono stati per decenni espropriati delle loro intenzioni. Tremo all’idea che nessuno li informi in modo esauriente su quello che potranno decidere. Sono terrorizzato all’idea di quello che potrà uscir di bocca, a chi ha il potere di parlare a voce alta, per rendere il meno comprensibile possibile quello che a fatica siamo riusciti a capire. Sono preso dal terrore chiedendomi cosa farà in merito il centro sinistra. Cosa farà l’onorevole Rutelli, ex leader di tutta l’opposizione, nato cresciuto e prosperato radicale, che ha votato a favore della legge per ragioni di coscienza che non oso immaginare, visto che non so immaginare la sua redenzione. L’onorevole Prodi, leader attuale, che ho già sentito essere contrario all’idea che il popolo si esprima su questa legge. E gli altri, quelli che non hanno dimostrato grande dimestichezza con la democrazia diretta; che, tanto per dire, pensano che le elezioni primarie vanno bene se presentano un candidato solo.
Solo mi allevierebbe l’ansia sapere che ci sono ragazzi in giro per il paese che si stanno organizzando per conto loro, magari facendo documentari non necessariamente da Oscar; ragazzi che vedrò per le piazze, i cortili, i mercati e nelle sale parrocchiali, discutere con franchezza ed ardore con la gente in carne ed ossa di un problema fatto di carne e di spirito. Un problema che i rappresentanti del popolo non hanno saputo trattare se non come una questione di potere. Già, se questo referendum si farà, sono certo che non saranno i cittadini a lacerarsi, ma i poteri. Quelli che si autoproclamano voce del popolo, voce dei credenti.
Tratto da “Il Secolo XIX”, 16 gennaio 2005