Maurizio Maggiani: Provare dolore
Sono giusto tre anni che un giorno via l’altro, tutti quelli che pensano di poter dire qualcosa di intelligente si interrogano e si rispondo sul grande tema: di quale natura è la guerra scatenata da Al Qaida?
Molto più raramente sento dire qualcosa di interessante su un tema su un tema per niente secondario: chi vincerà questa guerra? Credo che sia perché questa è una questione assai meno accademica e assai più cocente: Sono soltano i presidenti in campagna elettorale che amano fare scommese su questo tema, come dire?, scottante, ma non c’è in tutto il mondo un allibratore disposto ad accettarle.
Personalmente non mi pare di essere particolarmente furbo se penso che Bin Laden, o qualche suo alter ego, non entrerà mai alla testa delle sue truppe a New YorK, o a Mosca o a Roma; sono ragionevolmente certo che non lo farà nemmeno a Riad, nemmeno alla Mecca, nemmeno a Karaci.
Come sono altrettanto certo che non sia mai stata nelle sue ambizioni una cosa del genere.
L’unica vittoria che voleva e poteva ottenere l’ha gia avuta: ha cambiato la storia e la percezione che della storia hanno gli uomini; le ha cambiate in peggio per moltissimi tra loro, quelli che, per l’appunto, ha deciso di tenere come nemici suoi, delle sue idee e di quello che pensa sia il suo popolo. È una grande vittoria per lui, una tragica sconfitta per i suoi nemici. Io tra loro.
Ma che genere di sconfitta ho subito? Cosa significa, ad esempio, aver cambiato la percezione della realtà?
Ho un esempio.
Questa mattina un grande quotidiano ha pubblicato un reportage da Sharm El Sheick con interviste ai turisti italiani poche ore dopo l’attentato di Taba. Il giornalista rileva che i suoi compatrioti in vacanza non mostrano nessuna paura e neppure nessun particolare turbamento. Nessun particolare turbamento è un eufemismo per dire: non gliene frega niente. È morta ammazzata a due passi da lì della gente, gente come loro innocente e indifesa, un attimo prima intenta a fare le loro stesse cose balneari e non gli passa nemmeno per la capa di provare una qualche emozione di una qualche profondità. C’erano due ragazze a Taba che parlavano la loro stessa lingua e avevano il loro stesso passaporto, ma nemmeno questo è bastato per ingenerare un qualche particolare turbamento.
L’agenzia Ansa informa che gli aerei per Sharm stanno partendo da Fiumicino belli pieni. E riporta la seguente dichiarazione di una giovane in gita premio con la sua azienda: “Certo la notizia dell’attentato a Taba credo che abbia rattristato chiunque si batta per un mondo dove regni la pace e l’uguaglianza tra i popoli. Io, però non mi faccio spaventare da questi tragici eventi. È per questo che ho deciso di partire lo stesso”. Aggiunge un collega: “Anche perché se avessimo rinunciato al viaggio avremmo fatto il gioco dei terroristi. No, non dobbiamo assolutamente farci intimorire”. Non vi sembrano le dichiarazioni di circostanza di un presidente quando conferma, all’indomani del solito tragico attentato, che i nostri ragazzi resteranno per continuare nell’ impegno a costruire la pace nel martoriato paese? Si che vi sembrano, visto che sono identiche.
Nessuna paura, dunque, e nessun particolare turbamento. Niente e nessuno ha diritto di rovinarci le strameritate vacanze a Sharm, nemmeno Al Qaida. Turisti coraggiosi che sfidano il più infido nemico di tutti i tempi. Avanguardia dei valori dell’Occidente pronti a difendere un lembo di terra italiana. Perché Sharm è territorio italiano, come si sa. Un pezzetto di paradiso, l’ultimo, per i poveracci che sgobbano tutto l’anno a mille euro al mese. Ne bastano cinquecento per una settimana di sogno. Uomini e donne che hanno lasciato pezzetti di cuore e di cervello lungo la strada della loro storia, che hanno imparato a sopportare di tutto, che continueranno a farlo, se gli dai una settimana di tregua a Sharm. Brava gente tra milioni di altra brava gente che ha imparato a non farsi turbare dalla Storia, adesso che si va facendo sui cumuli di cadaveri di una guerra che va perdendo mentre si lascia alle spalle quel po’ di anima che le era rimasta. In grado di percepire la realtà in base all’unico principio che pensa possa ancora salvarla: a un palmo del mio cul non sento dolore. Lo diceva già la mia nonna. E se è il mio dolore che volete, allora sì, posso rilasciare una dichiarazione ufficiale. Prestampata, mandata a memoria, stilata dal ministero nazionale della retorica.
Tratto da “Il Secolo XIX”, 10 ottobre 2004