Maurizio Maggiani: Il mal di schiena e i call center della Telecom: che cos’è peggio?

Ecco, giugno finalmente glorioso, l’estate più bella: sole splendente e refolo di maestrale. E io me lo sto godendo sbirciando dalla finestra l’azzurro dolcissimo di tra le foglie di un giovanissimo tiglio. Inchiodato su una poltrona frutto di speciali studi ortopedici, devastato dalla lombosciatalgia, il sistema inventato da Domineddio per piegare la superbia degli uomini. Sistema infallibile. Oh no, non ho più un briciolo di superbia; guardami buon Dio mentre mi dedico anima e corpo a studiare come poter spostare la mia carcassa del paio di centimetri necessari a prendere il bicchiere dell’acqua senza restare paralizzato dal dolore. No, soffro come un cane, ma non ce l’ho con Te per questo tormento; è bene che gli uomini siano indotti ad abbassare la cresta ogni tanto, che ritrovino il senso delle proporzioni. Ce l’ho con la Telecom, Signore.
Che tanto tormento e danno mi ha procurato in questi giorni, proprio nei giorni del tuo santo tormento, quando avrei avuto bisogno di consolazione e di servizi efficienti, e funzionanti, e affidabili. Perché oggigiorno, in questa terra di privilegio, soprattutto se uno è chiuso in casa a star male, non c’è come la comunicazione elettronica che può alleviargli le pene, permettendogli di lavorare, di comunicare, di navigare, ecc.
Scrivo queste sciocchezze, o Signore, e ancora non so se potrò spedirle al giornale tramite i servizi di connessione internet che la Telecom mi ha venduto, che ha insistito per vendermi, che mi ha obbligato a comprare cacciando via dal mio orizzonte con ogni possibile mezzo tutti i suoi concorrenti.
Non che sia successo niente di particolare, ma solo quello che la filosofia dell’azienda leader nelle telecomunicazioni contempla in sé. La Telecom è una ditta che ha il compito di realizzare grandi profitti, non di produrre servizi efficienti. I soldi si fanno vendendo non producendo. Questa è l’economia del XXI secolo, ragazzi! Mica mettere su fabbriche, mica inventare tecnologie d’avanguardia, ma aprire call center. Far vendere quello che forse hai, quello che se tutto va bene funzionerà, a Elisabetta – in cosa posso esserle utile? Purtroppo quasi mai in niente, povera la mia Elisabetta – Tommaso, Gianni, Luigi. Brava gente che non vedrò mai in faccia – ci mancherebbe – pagati – male -per vendere e cercare buoni i clienti scontenti.
Ho comprato alice e alice non funziona, e Alice fa la cresta sul tempo di connessione, e Alice…ma quanto sarà zoccola ‘sta Alice? Chiamo il 187, mi piego alle più invereconde offerte pubblicitarie, e parlo con Romeo, Amedeo, Cicisbeo. E loro, poveracci, non ci possono fare niente, non sanno cosa fare, non devono fare. Devono solo arricchire l’azienda. E io mantengo un avvocato solo per pagare le bollette il giusto. E l’orrida Alice non va, poi va, poi non va più.
C’è stato un tempo in questo relitto di Paese che la telefonia era all’avanguardia nel mondo. I tempi belli della Teti, della Sip, aziende di Stato. Abbiamo avuto tecnologie di assoluta avanguardia nell’automazione, nella trasmissione dati; ci siamo goduti la teleselezione dieci anni prima degli Stati Uniti, tanto per dire. Erano gli stessi anni che l’Olivetti, azienda privata, progettava sistemi di calcolo unici al mondo e vendeva tecnologie informatiche in America. De Benedetti, genio della finanza, è riuscito con anni di diuturna applicazione a trasformare l’Olivetti a ditta che smercia macchine fax fabbricate a Taiwan. L’altro genio, il Tronchetto, ha trasformato la Telecom in uno strumento di puro tormento per la spettabile clientela. Il fatto è che il signor Olivetti, privato, e il signor Sip, pubblico, erano industriali; inventavano, costruivano, producevano e vendevano il frutto della loro industriosità. Questi sono finanzieri: fanno soldi, progettano, producono capitali. E per farne tanti non devono rischiare a investire in progetti, prodotti, lavoro qualificati, innovativi, affidabili.
La cosa incredibile a dirsi è che hanno ambedue fama di candidati ideali della sinistra a governare il Paese. Per quanto mi riguarda, se non riesco a capire cosa ci sia di sinistra in questi due finanzieri, per me la destra può ancora governare cento anni, che tanto è lo stesso. Dopodiché riflettete su questo: in Italia ci sono in circolazione circa 50 milioni di telefonini cellulari. Non uno è stato prodotto in questo Paese.
Domanda: quale sviluppo è possibile se tutto ciò che sappiamo fare è aprire negozi che vendono cose fatte da altri altrove? E call center che sono anche meglio dei negozi, così almeno nessuno ti vede?

Tratto da “Il Secolo XIX”, 27 giugno 2004