Maurizio Maggiani: Un buon arrosto e poco fumo così la politica è digeribile

Ieri ho fatto un arrosto, un vero arrosto. Sto scrivendo un romanzo, da mesi, e da qualche giorno soffrivo di quello che prima o poi patiscono tutti i romanzieri, allo stesso modo i migliori come le calcine: il Grande Blocco. Stai lì, otto ore davanti al computer, e non succede niente. Peggio di niente; succede che ti gratti, ti agiti, ti alzi, vai su è giù per la casa, bevi, mangi, fumi, torni al computer, ti fai un solitario, torni alla pagina ed è bianca, orrendamente bianca.
Angoscia. Per fortuna non è la prima volta, e ho imparato a reagire. Mi sono messo a fare un arrosto. Una cosa materiale, concreta, utile, di immediato riscontro sulla sua bontà, di inequivocabile giudizio sulle mie capacità.
Sono uscito di buon mattino, sono andato in San Bernardo a cercare il pezzo di manzo giusto. Non è facile trovarlo: tre chili di carré preso nella parte centrale, di bovino adulto, controllato e garantito. Sono passato da Canneto per prendere la pancetta per la steccatura, gli odori e le verdure, il burro e l’olio.
Sono tornato a casa e mi sono messo al lavoro. Un’ora di massaggio con sale grosso, perché la carme assorba il sale che la renderà morbida e le farà versare l’umore su cui cuocerà. Poi una steccatura in otto diversi punti:tante piccole ferite praticate con il coltellino affilato a rasoio con dentro un pezzetto di pancetta, uno di burro, un po’ di rosmarino e uno spicchio di aglio. Sutura con un punto di filo da imbastire e poi olio, carota, cipolla e sedano nella teglia e la teglia in forno a calore basso basso per due ore. Ci ho messo tutta la mattina per fare il mio arrosto, ma è stato un piacere e una cura. Fare qualcosa di concreto, usare le mani, creare per il piacere di fare, fare per il piacere di nutrire le persone che amo. Niente di meglio quando viene il Grande Blocco, quando ti sembra di non avere più niente da dire, di esserti asciugato l’anima fin giù allo strizzo. Il mio arrosto ha nutrito dieci persone, le persone che più mi stanno a cuore. So che il mio arrosto le ha fatte, per quello che potevo, felici. Ho visto con che gusto hanno mangiato, ho sentito i gorgoglii di piacere, l’intenso prurito delle loro papille gustative che ha arrossato loro le gote. Mi sono sentito bene, molto bene anch’io. Dunque sono capace almeno di fare un buon arrosto, quando non sono in grado di produrre del fumo. E se sono in grado di cucinare l’arrosto, vedrai che prima o poi verrà anche il fumo.
Durante la mattina in cucina, ho tenuto la radio accesa, come sempre quando non devo scrivere. Vivo dentro la radio, dentro la radio che dà notizie. Ho sentito notizie politiche per tutta la mattinata; le grandi notizie dal parlamento – che erano nella media, e cioè tra l’inverosimile e il tragicomico – e le piccole notizie dalle comunità locali. Magari non lo sa più nessuno, ma esiste ancora il notiziario regionale, dimesso erede dell’antico e mitico Bollettino della Liguria. Nel momento più delicato della cottura – proprio a due terzi, quando l’arrosto, se non stai attento, può tragicamente risolversi in fumo – mi giunge all’orecchio una notizia di quelle che dici: ma guarda un po’, però! I parlamentari liguri di tutto l’arco costituzionale si sono incontrati, caso rarissimo nella storia della Repubblica, e hanno solennemente giurato di condurre un’unitaria azione di "lobbing"per garantire alla regione il giusto, meritato sviluppo economico e culturale.
Mannaggia, ce l’hanno fatta! Mi sono detto, e ho fatto al mio arrosto l’ultimo, decisivo ritocco. Dopodiché, seduto a fumarmi il mio primo toscano in attesa della fine cottura, mi sono lasciato andare a vaghi pensieri sul fumo e sull’arrosto. Valico autostradale, Genova 2004, polo Tecnologico; me ce li vedi te gli onorevoli che per il bene comune rinunciano a quello che sanno fare meglio: accreditarsi contro qualcun altro? Impedire di fare una cosa pur di poter dire che non è stata fatta? Ritardarla pur di poterla inaugurare io me? Farla male e in fretta per lo stesso motivo? E ce li vedi gli onorevoli della provincia tra Ventimiglia e Sarzana che vanno a spiegare ai loro elettori che darsi da fare per la Superba è produttivo anche per il proprio, lontano collegio? E sarà veramente produttivo, poi? Mah, chi lo sa?
Ieri mattina non avevo risposte. Dipende. Dipende se gli onorevoli si sono incontrati per fare anche loro l’arrosto. Se, sfiniti da un pluridecennale Grande Blocco, si sono messi a cucinare, a realizzare qualcosa di buono per il sano appetito dei loro amati concittadini. O se invece è stata una seduta del campionato regionale di Lento Fumo. Ieri mattina ero propenso per la fiducia. Chissà perché, forse per via che l’arrosto mi stava venendo bene e mi sentivo in buona grazia con il mondo intero. Propenso a credere che gli onorevoli sono uomini con una coscienza non migliore né peggiore della mia.
Ieri pomeriggio già vacillavo e mentre sto scrivendo mi chiedo se per caso non sia impazzito. O, peggio, preda di un attacco del tanto pernicioso buonismo. Ancora non so, ma a me non dispiace pensare essere buono, né pensare che altri lo siano o lo possano diventare. Non sono contrario a pensare bene né a farlo con mite candore. L’Agnello, quando è stato il momento, ha tirato fuori la frusta. E’ talmente ragionevole che gli onorevoli si mettano d’accordo per lavorare al bene di tutti che non è escluso che ci abbiano davvero pensato.

“Tratto da: “Il Secolo XIX”, 5 ottobre 2003″