Maurizio Maggiani: Non posso dimenticare il mio debito con le donne

Sono un uomo fortunato e credo che la mia maggiore fortuna sia quella di essere stato educato dalle donne. Educato, non solo allevato. Prima dalle donne di una grande famiglia contadina, poi dalle mie prime ragazze. Sono cresciuto sotto lo sguardo di una matriarca, sono maturato guardando negli occhi le giovani donne dei primi movimenti femministi. Due sguardi molto diversi ma in egual misura formativi. E so che la parte migliore di me viene da lì. Che sono capace di sensibilità che altrimenti ignorerei, di un’acutezza dello sguardo che sarebbe stato molto più miope, di un rispetto per la vita che sarebbe stato assai più sbadato. Come tutti gli altri maschi – compresi quelli che non hanno abbastanza risorse morali per capirlo – ho accumulato un debito con la parte femminile del creato che non potrò mai estinguere del tutto.
Penso questo mentre ricordo. Ricordo quanto ho imparato della vita, della politica, di me stesso, dalle donne che per tutta un’epoca hanno combattuto – e mi hanno invitato a combattere – per conquistare la loro dignità, la libertà, il rispetto e i diritti in una società misogina. Questo Paese degli anni Sessanta e Settanta.
Ricordo l’orgoglio e la passione, ricordo il dolore, la rabbia, l’amore di quelle donne che sembravano disperate contro un potere e una cultura maschili che parevano eterni. Ricordo il disprezzo, l’insensibilità, la bestialità con cui reagivano i maschi del potere. E i fascisti, e i bigotti, e gli ipocriti. Ricordo le vittorie delle donne e come quelle vittorie non abbiano salvato solo ma anche me. Dalla parte peggiore di me stesso.
Ricordo perché sono costretto. Perché oggi il Parlamento di questo Paese si sta prendendo una rivincita che pareva impossibile contro le donne. Contro la dignità, contro l’amore, contro la libertà, contro il corpo delle donne. La legge che il parlamento approverà sulla fecondazione assistita non è semplicemente la più arretrata dell’Europa, ma un indecoroso catalogo dell’arretratezza morale di questo Paese. E’ una legge che risistema le cose: il corpo della donna torna l’oggetto di volontà altra e superiore. L’idea di famiglia, di sessualità, di maternità e paternità ritorna a una dottrina ostile non solo alle donne ma a un sentimento etico che si sperava fosse diventato universale.
Questa legge non può richiamare nemmeno "alle comuni radici cristiane" ma solo alla parte più farisaica e ottusa della dottrina cattolica. Nell’Italia che torna ad essere uno stato confessionale, misogino e fallocratico, gli onorevoli senatori della Repubblica possono gridare con giusto orgoglio "puttane" alle donne che protestano i loro diritti. Ricordo che questo è già successo, trent’anni fa. In quest’Italia il primo ministro può invitare nel paese che governa perché gli operai sono stati finalmente messi a posto e le segretarie sono tutte zoccole e carine. Questo non lo ricordo, questo non è mai successo prima. E mi ricordo di me a vent’anni e della mia ragazza di allora. Ricordo quel che ancora è vivo tutto quanto nel mio cuore, con quanta dolcezza e quanta rabbia vivevamo, con quanta folle speranza, ci svegliavamo al mattino. Spero di essere ancora quel ragazzo, mi auguro di essere ancora capace di imparare dalla parte femminile del creato. Sarei onorato di combattere ancora una battaglia per lei, per me.

“Tratto da: “Il Secolo XIX”, 28 settembre 2003″