Maurizio Maggiani: Grazie davvero onorevole Banti anche a nome delle acciughe

Oggi mi voglio rovinare, così mi espongo in una pubblica dichiarazione d’amore per un uomo, un uomo, peggio che mai, politico: l’onorevole Egidio Banti. Per attenuare lo scandalo dirò che alla mia dichiarazione d’amore si associano molti milioni di acciughe che stazionano al largo di Monterosso, Cinque Terre, Italia, e le decine di onesti e virili pescatori e salatori delle sopraddette. Oggi l’onorevole Banti si sentirà molto amato. Voglio mettervi a parte del retroscena di questa insolita passione perché so quanto la cronaca rosa può fare per rendere la tragedia del nostro Paese compatibile con la vita umana. Dunque vi racconto. Sappiate che sono preda di un’insaziabile, primordiale passione per le acciughe. Ci vado letteralmente pazzo; mi piacciono crude e cotte in ogni possibile variante della cucineria marinara. Non manca mai in casa mia un vaso di acciughe salate, che quando mi prende l’appetito ci metto mano per farmi un bel panetto al profumo di aglio e prezzemolo, che solo a scriverlo sono qui che mi scappa di andarmelo a fare. Chi frequenta Sottoripa e i più autorevoli mercati ittici del mondo sa che l’acciuga di maggior blasone è quella detta di Monterosso. Di quella e solo di quella mi nutro, anche se ha quotazioni auree ed è venduta salatissima più che salata. Come faccia un’acciuga ad essere di Monterosso è un mistero che mi affascina. Chi conosce le Cinque Terre sa che sono strette strette una in fila all’altra, e l’idea che un’acciuga passi la vita nelle acque del comune di Monterosso senza sentire l’intimo desiderio di nuotare fino a Levanto o Riomaggiore, magari sposarsi con un’acciuga di Corniglia, e quindi godere del diritto di residenza in quei comuni, mi rimane una domanda insoluta. Resta il fatto che le acciughe dette di Monterosso sono le meglio e le salatrici di Monterosso di leggendaria perizia. Fin qui tutto bene. Ma ieri mattina sintonizzo la radio su GR Parlamento e cosa ti sento? Che il Parlamento è lì lì per levarmi l’acciuga di bocca. Ad opera, vedi te, della sinistra affamatrice. Stava l’alta assise dei rappresentanti del popolo discutendo una di quelle leggi che cambiano la vita della gente e che la gente è solita ignorare finché non se le trova sul piatto. In questo caso, il decreto per i provvedimenti d’urgenza a sostegno di agricoltura, allevamento e pesca. Al comma 5 Ter(re)detto decreto consente lo smaltimento in mare dei rifiuti della prima lavorazione del pesce azzurro (acciughe). Non sarà una roba da lord, ma la vita ci insegna che il pescatore d’acciughe decapita e sbuzza le prede in mare. E, detto tra noi, di tutta la merda che finisce in mare se rimanessero solo le lische io ci nuoterei più tranquillo di adesso. Bene. Ma ecco che insorge tale onorevole Franci con un emendamento, che qui oserei definire eco fichetto. Tale emendamento proibisce lo smaltimento all’antica da sostituirsi con il moderno e più salubre incenerimento. Ve lo immaginate voi un inceneritore di acciughe installato nella splendida cornice delle Cinque terre? Il perfetto inserimento architettonico e organolettico nell’ancestrale paesaggio? La gara tra Christian Dior, Rabanne e Givency per accaparrarsi i preziosi afrori per le loro essenze? La biblica migrazione di gatti che dai quattro continenti si dirige alla volta del tempio del dio Lisca? La verità, cari miei, è che si è trattato di un attacco senza precedenti all’acciuga monterossina. Ad opera di lobby non precisate ma sospettabilissime. I tonni e gli sgombri non si lavorano in mare, tanto per dire. Ma per fortuna che qui interviene il mio eroe, l’onorevole Egidio Banti, anch’egli di sinistra, ma della componente Pane e Acciughe al Popolo. Con un intervento tanto coraggioso quanto saggio, ha smantellato l’orrido emendamento brano a brano. Ne ha fatto poltiglie, l’ha incenerito. A tal punto che manco il governo, che se solo può dare un dolore ai sinceri democratici, si spende e si spande, ha osato appoggiare l’innominabile Franci. Il quale, sconfitto, si è dileguato nelle nebbie della crisi della sinistra, per perdersi in un suo vacuo sogno di virgineo lindore. E le acciughe cosiddette di Monterosso, i salatori inequivocabilmente monterossini, il sottoscritto e molti ghiottoni democratici sparsi in tutto il mondo sono salvi. L’amo pio Banti. E in virtù di questo mio sentimento le perdonerò la gravissima colpa di aver coniato la più brutta frase dell’anno. L’ho beccato l’onorevole dichiarare al cospetto del Congresso dei fiorai della Margherita che «La nostra Margherita è meglio di quella degli innamorati: loro la margherita la spetalano, noi la impetaliamo». Ma che eleganza! Oltretutto, neanche un minuto dopo il forbito detto, Arturo Parisi si è spetalato dalla Margherita con tale veemenza che neanche il buon Banti ce la farebbe a impetalarlo più.

“Tratto da “il Secolo XIX”, 26 marzo 2002″