500 Euro
Il nostro primo ministro è mente variegata, cangiante, multiforme, dinamicamente modulare, bizzosamente singolare e pensosamente originale. A memoria mia nella recente storia politica non ci sono molti leader politici a cui possa essere efficacemente confrontato. Avesse avuto un’educazione più ferma, e dunque un altro portamento, lo si potrebbe forse accostare a Juan Domingo Peron proprio in virtù della sua personalità plasmatica, ma il caudillo aveva una sua singolarissima, conturbante, visione escatologica della politica, la socialdemocrazia attraverso la dittatura personale, il nostro pare invece del tutto disinteressato allo sguardo escatologico sul mondo e ancor più disinteressato alla socialdemocrazia. No, in effetti i due sono incomparabili, oltretutto Juan Domingo Peron disponeva di tre risorse che al nostro sono indisponibili; aveva Evita, che faceva metà del lavoro, aveva le casse dello stato piene di oro che aspettava solo che di essere speso, e di un sincero e appassionato, seppur nevrotico, amore per il suo popolo. Populismo voleva pur dire qualcosa allora. Eppure c’è un aspetto della loro azione politica che li accomuna e li gemella: la passione per il bonus. La regalia, l’elargizione istantanea, l’esborso diretto per conto dello stato. Quando il caudillo avvertiva tensione nel suo popolo, quando Evita, dirigente sindacale oltre che presidenta, lo avvertiva di malumori nella classe operaia, l’uomo convocava le masse in Plaza de Maio e dal balcone proclamava un giorno di festa nazionale alle spese di industriali e latifondisti: manana es san Peron trabaja el patron. E visitava questa o quella officina, un impianto portuale, una fazenda e in cambio della sola riconoscenza e dell’affetto filiale aumentava lo stipendio, imponeva la gratifica. Dopodiché provvedeva a risarcire industriali e allevatori con altri bonus, ma discretamente e non troppo congruamente, perché ci credeva davvero in una qualche giustizia sociale. Il nostro gareggia con il caudillo in inventiva e generosità, anche se nel sistema bonificatorio si nota una sostanziale difformità. Non avendo alcuna velleità socialdemocratica, ma essendo un liberista ammirevolmente determinato, le sue regalie non sono rivolte ai trabajadores, che sono anche difficili da mettere assieme sotto il balcone di Palazzo Chigi, ma agli “italiani”, una classe generale, la Nazione che si riconosce nel comune odio per il sistema di tassazione statale e nel desiderio di esserne risarcita. Tutta quanta e in egual misura, poiché è il principio che conta, non i trastulli di un complicato e onerosamente socialdemocratico discernimento redistributivo. In questo peronianamente, egli non è tanto un teorico del liberismo, quanto un apostolo. Predicante dai pulpiti consacrati dal gradimento nazionale meno stato e più bonus.
Dei molti di cui abbiamo goduto con vivo piacere, uno, l’ultimo, al momento solo annunciato ma di cui non è dubitabile la pronta elargizione nel contesto della legge di stabilità per il 2016, è il bonus di 500 euro ai diciottenni d’Italia. Perché i diciottenni, che per inciso andranno prossimamente al voto impreparati e ingenuamente esposti alle lusinghe dell’estremismo se non addirittura del terrorismo, devono farsi una cultura se vogliono far uso congruo dei loro diritti politici, dunque 500 euro per spese culturali, quali libri, teatri, cinema e altri presidi formativi. È un gesto sensazionale. La grande maggioranza dei diciottenni non li ha avuti nel corso di tutta la vita 500 euro per i propri consumi culturali; se per il pargolo di una famiglia da 100.000 euro l’anno di reddito quella somma sarà una specie di quattordicesima inghiottita come un bicchier d’acqua, per i figli dei poveracci da 20.000 annui, per non parlare dei malcapitati tra i sei milioni di disgraziati poveri o poverissimi, potrebbe essere qualcosa di simile a un universo che inaspettatamente gli si apre innanzi. Con quella somma ci si può, volendo, appropriare della vastità dell’umano sapere. Ci si possono comprare i 100 libri più importanti che l’umanità intera ha prodotto nella sua lunga storia, oppure comprarsi i 50 film più significativi della cinematografia mondiale più un corso multimediale di regia, girare tutto un film in digitale, frequentare un corso di arte plastica, farsi il giro dei più significativi musei d’Italia, e mille altre cose che possono cambiare una vita. C’è, questo sì, il piccolo problema del chi e del come fornisce ai giovinotti e alle giovinette le informazioni necessarie a scegliere come spendere il loro bonus. Metà di loro vive in case dove sono presenti da uno a dieci libri, e non è detto quali e se sono stati letti da qualcuno. I due terzi in famiglie dove non si è mai affrontato un tema culturale oltre a quelli offerti dai canali televisivi generalisti, e in località dove non è presente una libreria fornita di catalogo o un cinema che non programmi esclusivamente film commerciali. Per la gran parte vanno o sono andati a scuola, ma solo una esigua minoranza, collocata nelle fasce di reddito più alte che i 500 euro li ha già a disposizione, ha frequentato corsi di studio che esaltassero le loro potenzialità di apprendimento e approfondimento culturale. No, non è un bonus alla Peron. Il caudillo avrebbe mandato Evita ad aprire con quei soldi, e anche più, un centinaio di biblioteche nei pueblos più remoti del paese, e sarebbe andato a sincerarsi di persona che almeno una volta ci entrassero tutti i suoi amati figli diciottenni. Naturalmente i libri li avrebbe scelti lui con una certa accortezza.
Il secolo XIX, 29 novembre 2015