Tango para Luis (18 maggio 1988)

Ricordi Luis di Uruguay?La Luna pone los díentes en el cielo.Dimmi quanto era grande.Era grande quanto una capanna e forse più. Dopomangiato era di certo più grande; anche se cantava era più grande della capanna; senza di lui vi ospitava in dieci.Ma io vorrei che tu vedessi i suoi acquerelli che ho appesi qui sopra di me: la estrella caiman sobre la playa y el fuego, con il sole sopra le capanne, e su ogni cosa i colori della sua patria variopinta, i colori degli uccelli del suo paradiso. Perchè egli aveva una particolare maestria per il disegno di quegli uccelli, come colui che è di primitiva creatività, che avresti giurato sulle sue doti di intagliatore di coltelli ed esperto fresatore di silici: le attività dello spirito che precedono sempre l’intuizione del volo umano, la penetrazione del mistero che muove le creature del cielo. Poi, in quegli acquerelli, insieme alla luna e al sole ci metteva le stelle caimane divoratrici di indaco, sorellastre del cielo mozzicanti il tenero curvarsi del mondo all’orizzonte; il torto di guardare all’abbrivio del mondo girante. La sua sfida a Galileo dal luminoso barile di sabbia e cemento di Montevideo.Tra le capanne del Maldonado passava prestando il fianco al vento atlantico e assumeva le ardite acrobazie della sua anatomia gigante per tutta maestà; una carne fatta fiato. Supino giaceva la notte tra i gigli delle dune succhiando i limoni dal secchiello della caipirinha, indolente occhieggiava le donne di casa bersi di lui. Quante ne aveva? Oh, io non so, ma posso immaginare che fossero spropositate, tante da riempirgli il cuore.Ma tu lo amavi?Si, lo amavo. L’ho amato così com’era: filosofante letterario truffaldino, nascosto negli occhiali tra le onde del bagno di mare, ammiccante tra i fumi d’arrosto. Nel dormiveglia lo sentivo cantante amare la luna dentuta; e lo amavo. Si, e odiavo i giovanotti della guardia civil, come lui li odiava e sconfessava e vituperava in ogni loro forma ed omissione per la colpa grandissima colpa di non essere neppure variopinti, insensibili all’acuta sensibilità di un hombre uruguajo, al suo cuore trafitto che nulla può ormai sopportare, nulla dopo la sua patria sempre viva e sempre morta. Come era delicato lui!E come sapeva portarsi all’alba, eretto furente di fame e di sete, al baretto tra le dune e cimentarsi lì nel nuovo giorno, e sedendo aspettare le oziose conversazioni antipaste prominente su tutti, anche su quelli, guapos fieri e severi, del posto. Bastava del resto ad annichilire il colore e l’odore della sua grande barba intinta negli afrori del mate e delle aniline. Ciondolava la mattina in quel baretto all’aperto in modo di ricevere come dovuto la visita dei suoi clienti alcolizzati padri di famiglia (ahi Luis! che disgracia fue la mia de encasarme con Maria) e ogni altro genere di villeggianti assassini possidenti tupamari, come fanno il dottore e la puttana da quelle parti con un’unica grazia. Si peritava di parlare di ogni cosa che fosse di accesa spiritualità e insieme di utilità pratica, come potrebbe essere, lo azzardo, la pesca a lenza morta dell’orata o le ansietà corsaiole del bizzarrino baio di Fifì o, perchè no, sul come e sul quando sottrarre alla fogna del pensiero borghese l’altrui figliolanza. E tutto con un gran muover di labbra in su e giù in dentro e in fuori, senza mai cessare di fumar l’odiata picadura, di modo che le sue parole potessero esalare roche e conturbanti. Così come non cessava mai di bere mate molto forte: era il più nobile tra i castillani.Onde vuela la luna en el cielo?Sobre la playa y el fuego.Tu mi hai capito cavalliere e di certo ricordi quella superba maestria che aveva nell’arrostire la carne di molti buoi insieme come se fosse sua suprema gioia l’ecatombe e il necessario e conseguente festino sacrificale; aveva un’idea adulta e marxista della tauromachia. Avendo predisposto per tempo un’immensità di braci, era solito per prima cosa cerimoniare palpeggiando il carrè e infilare diti e cincischiare e sfrugugliare il morto dove doveva ammollare e restringere, assorbire e stillare; poi si cuoceva l’anima con lui tutto il pomeriggio e tutta sera. Importava solamente che chichessia passando ammirasse il buon lavoro e raccogliesse le sue profezie roventi, che non dovessero perdersi nel sugo del sangue di bue. Purificó el cuchillo, en vez de llama, tu ser primero… E anch’io le ho sorbite quelle regalie del pensiero umanodivino, col suo permesso, a companatico di tutto quel bendidio. Per continuare serviva poi lui a tutti le bistecche dolci e piccantine; affilava la spada sulle mutande e sul pelame stridente del petto e dava a tutti secondo i propri meriti, senza fare un gran parlare, perchè ogni cosa è già stata detta troppo tempo fa, all’origine del fuoco e del bue e il resto -il niente- si dice tanto per dire così, come fanno quelle merde dei gringos quando parlano dell’america. Ma nel mio pezzo c’era sempre un po’ di filetto.Poi ho lasciato che mi parlasse stringendomi la faccia contro i suoi occhi infiammati come se non importasse della mia vanità e della mia speciale indole contraria ai tetatet sulla spiaggia, che lui nondimeno solcava al mattina e alla sera come la vinaccera e la granaria navigano dall’Elba a qui, alla mia casa in quest’altro emisfero. E c’era da chiedersi come potevano non bruciargli le piante dei piedi e tutta la sua grande schiena, così ostentata all’intemperia del sole grande; dato che non gli ho mai visto volgergli la faccia né coprirsi né calzarsi.Quindi ho lasciato che mi portasse il saluto del mattino come un messaggio che giunga da un luogo sepolto incantato per la via fluviale del Rio de La Plata e costi un occhio solo per avermelo portato, senza metterci poi la fatica di pensarci e tutto il resto: come l’emissione della voce in orario antemeridiano e l’impegno nella roteazione degli occhi, necessaria, anzi indispensabile, in ogni messaggio che conti.Infine ho lasciato che si facesse amare senza irritarlo.Tutto questo non conta niente nella vita di un uomo grande e grosso come lui. Sono certo che mi avrebbe potuto schiaffeggiare per i molti torti che, senza pensarci ma solo perchè sono fatto di pasta più molle, gli potrei aver fatto; e poi doverglielo dire io come faccio di nome e cognome. Potrebbe schiaffeggiarmi a perdizione penso.Ciò non avverrà mai, ritengo, perchè lui è già morto, e quando lo ha fatto è stato così: come un gran urlo, un rovesciamento di pianeti e una battaglia infuriata e infinita dentro molti letti e molte strade e due o tre grandi cliniche specializzate di tedeschi in america squassate dalla forza del suo dolore e dal fremito delle immense sue viscere. E’ lì che Dio l’ha fregato, nella profondità dei budelli a lui stesso ignoti, dove giacciono i sospiri dei mille buoi mangiati e l’alito delle molte generazioni di vigne dissecate per il suo bere micidiale.E tra le sue belle mani ho cercato, lo so, di strizzare tutto il bene e tutto il buono del mondo per dargli un po’ di sollievo, per farci una pozione all’antica, dissetatrice balsamica, da lenire l’angoscia del marcio dentro che non va più via con niente; e non una, dico una, bestemmia, come è giusto che sia per ogni vero cacicco nel punto che dà il suo addio.E penso che non ho potuto amarlo che per cinque brevi giorni, arrivato a lui per un piccolo aiuto in terra a me ignota, silenzio degli uomini e morti per strada, a lui giunto lungo una catena di baristi, portieri d’albergo, ingegneri, gelatai e consoli nottambuli. Doveva solo dirmi come potevo risparmiarmi dal carattere ombroso di quel suo paese, lui che del mio si vociferava che fosse grande intenditore per parte di madre, e mi ha tenuto con sé fin che ho voluto sostare nella sua vita imprecisata tra un cantiere di scenografie oceaniche e una capanna di frasche; e tutto insabbiato nella riviera del Maldonado.
Ora, sia chiaro, che questo è quel poco che ne so io, avendolo conosciuto appunto che per cinque brevi giorni e una o due volte qua e là per le cliniche; e siccome per tutto il tempo non ho fatto che amarlo come lo si può fare stolidamente, non saprei neppure dire se fosse una spia triplogiochista del regime e se avesse altri vestiti oltre a una maglietta stampata, uno scialle di cotonina, due o tre paia di mutande, un costume da bagno in fibra sintetica e un poncio ripiegato sul comò coloniale di vimini.
Dimmi quanto era grande.
Era grande come una capanna e a volte di più. L’aquerello con la luna dentuta e le stelle caimane sue sorelle sul mare del Maldonado che ha fatto tutto per me in un mattino di buriana di mate è qui con me, sano e salvo.