Le mie bambine (9 marzo 2002)
Piccola storia per le bambine di casa mia.
Nel palazzo di casa mia ci sono quattro bambine e i loro nomi sono così belli, e anche loro sono così belle, che mi viene voglia di mettermele lì davanti, sedute sul muretto della scuola di là dalla strada, e raccontare per loro una storia.
A dire il vero non so se staranno tutte sedute per benino ad ascoltare; certamente la Valentina si, e anche la Marta. Ma la Rebecca? Beh, ci scommetto che la Bebe (che strano modo ha lei per chiamarsi!), la Bebe non passeranno cinque minuti che sarà già lì a zampettarmi su per le gambe e la pancia, fino in cima alla testa, per cercare di infilarmi in un’orecchio la carta di una merendina.
E della Lisa che dire? Ma! Certo é una bambina molto riservata, piuttosto silenziosa, ma non sono proprio sicuro che avrà voglia di starsene buona buona per tutto il tempo che serve a una storia. Mi sembra un tipino piuttosto difficile: la mia dovrebbe essere una storia davvero interessante per convincerla a restare sul muretto. Beh, io comunque ci provo.
Valentina, Marta, Rebecca e Lisa. Proprio un bel mazzetto di ragazze, tutte una diversa dall’altra, ognuna con la sua bellezza, ognuna con un suo speciale brillantino negli occhi, che lì per lì non si può mai sapere con certezza se c’é da aspettarsi un dispetto o una saggezza, una dolcezza o chissaché di strampalato. Non é facile capire cosa passa per gli occhi delle bambine.
A proposito: perché nelle bambine i pensieri passano dagli occhi e nei bambini passano dal naso? Mistero. A prima vista i nasi sono più o meno gli stessi, gli occhi anche. E allora? Forse sono i pensieri che sono diversi. Quelli delle bambine sono pensieri più lucenti e quelli dei bambini più moccicosi; forse si, forse no.
A questo punto mi viene in mente che nella mia casa c’è anche un bambino. Un bambino per modo di dire, a essere sinceri; per questo, mica per cattiveria, al momento non fa parte del pubblico che ascolterà la mia storia.
E’ troppo piccolino, molto più piccolo della Rebecca e della Lisa, e forse è questa la ragione per cui non ha ancora un nome vero e proprio, aspetteranno magari che cresca un po’ per vedere come butta e scegliere per lui un nome appropriato al suo temperamento. Al momento se passi davanti alla porta dove lui abita senti le sue mamme che parlano in modo molto strano. Del tipo: “Pippirino!” “Ciccirino!” “Tesorino billino billino della mammina e della nonnetta amorina!” “Biribiribirino!!!”. Speriamo che nessuno di questi sia il suo nome definitivo, speriamolo proprio, perché nessuno mi sembra un granché.
Ma quello che fa di questo bambino qualcosa di ancora impreciso e misterioso, é il fatto che non esce mai di casa, quasi mai. E le rare volte che succede ti capita di vederne solo un pezzettino qua e là attraverso lenzuolini tendine e copertine. Troppo poco per capire di cosa si tratta, per essere certi che in mezzo a tutte quelle robe ci sia un bambino abbastanza bambino da aver voglia di stare ad ascoltare una storia.
Vabbé, ma adesso andiamo avanti.
C’era una volta nella casa dove abito un principe trasformato in rospo da un incantesimo streghesco. Se io assomiglio abbastanza a un rospo, sapete mie care bambine che basterà baciarmi per farmi ritornare quel bellissimo principe che ero tempo fà. No, non è vero; così è troppo facile. Certo piacerebbe a tutti diventare dei principi, ma io non o sono mai stato e non c’è voluto nessun incantesimo per farmi assomigliare a un rospo; così brutto rospetto lo sono di natura.
Allora vediamo un po’ come si può cominciare. La casa dove abitiamo io e voi una volta era un razzo interstellare che ha navigato per moti secoli nello spazio infinito e finalmente si è andato a posare dove ora vedete: al numero 46 di via Montello. Ah, così va molto meglio come inizio, che ve ne pare? Decisamente più interessante, dunque continuiamo.
Il razzo interstellare non aveva la forma del palazzo che c’è adesso, ma il suo aspetto era uguale e identico a quello della signora Torrini, solamente che era molto più grande ancora, anche se può sembrare difficile che esista qualcosa di più grande della grandissima signora Torrini. La ragione della forma molto strana di quel razzo è dovuta principalmente alla ragione che il suo pianeta di origine era il misterioso pianeta Torr dove ogni cosa aveva per l’appunto l’aspetto della signora Torrini. Tranne naturalmente le persone, che invece erano tutte, donne e uomini, identiche (cagà e sputà, si dice al mio paese) nientepopodimeno che alla signora Brigida. A dire il vero i maschi erano un pochino più magri ancora e amavano portare i capelli, molto lunghi, con delle permanenti più ricciolute di quelle che ancora oggi si vedono sulla testa della signora Brigida. Così stavano le cose sul pianeta Torr, popolato da milioni di signore Brigide che entrano in palazzi a forma di Torrini, navigano su barche a forma di Torrini, mangiano polli e pesci a forma di Torrini, scrivono con penne, guidano automobili, scalano montagne guardano televisioni, il tutto rigorosamente a forma di signora Torrini.
Dunque, quando il razzo de pianeta Torr è atterrato in via Montello, naturalmente ne è uscita la signora Brigida, che per l’appunto era il comandante della spedizione. Il comandante; con la sua innappuntabile permanente da combattimento, ha dato un’occhiata in giro, ha visto che non c’era alcun pericolo, che il posto era anche bello,e allora ha deciso che questo era il luogo adatto per fermarsi.