Il centro del nuovo libro di Maurizio Maggiani è la memoria. O, meglio, è una riflessione sulla memoria personale legata ai grandi eventi della Storia. Cos’è stata la Liberazione dal nazifascismo lo sappiamo tutti, ogni anno il 25 aprile ne ricorre la celebrazione, eppure ogni anno questa ricorrenza – come molte altre – invece che unire è diventata sempre più divisiva sotto i colpi di una politica revisionista e retriva. Ma la memoria non può essere solo ricordare un’occorrenza simbolica, così diventa una scatola vuota, la memoria deve essere elezione, è promessa, è giuramento, è passione; la memoria è assunzione di responsabilità, è disponibilità alla testimonianza. Per questo Maggiani ha scelto alcune date chiave di un immaginario calendario civile, ci sono il 25 aprile e l’8 settembre, c’è la grande storia che ha travolto il nostro Paese, certo, ma ci sono anche ricorrenze minime e personali, ci sono l’epopea della gente comune, ci sono coloro che la storia l’hanno forse più subita che fatta, c’è la lingua, acuminata e sfaccettata, che è rimasta in quel particolare idioletto famigliare che si tramanda nei territori di confine, sulle montagne, in collina. C’è quella storia che esiste e si tramanda finché è raccontata, e nessuno come Maurizio Maggiani, sa raccontarla. Chi porta memoria da sé non è niente, esiste solo quando c’è chi lo accoglie, lo ascolta, lo vede, lo legge, e nel farlo si fa partecipe, a sua volta testimone.