Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità. Già, cinquant’anni fa come ieri l’uomo conquistava la luna; meglio e di più, l’umanità intera la conquistava a ben intendere il succinto, indelebile messaggio da lassù del comandante Armstrong. Credo di essere tra i pochi al mondo che, potendolo fare, non ho visto l’evento. Ovvero, avrei voluto farlo, chi non avrebbe voluto, ci siamo organizzati per farlo, una comunella tra compagni di classe terza, abbiamo trovato una casa con un bel televisore e libera da genitori, trattandosi di una veglia ci siamo provvisti di  schifezze alimentari, birrette andanti e un mazzo di carte nuovo di zecca, tutto il necessario per assistere con comodo all’evento del secolo, che dico, del millennio. C’è stata dunque una gran gozzoviglia e una furente partita a cirulla protratta a tempo indeterminato per lo straordinario equilibrio delle forze in campo, la televisione a volume zero per non disturbare, la sveglia impostata sull’ora del destino. E sarebbe andato tutto nel verso giusto se non per l’inaspettato palesarsi di Francé, il più ganzo tra noi, l’inarrivabile per competenze sessuali, politiche e musicali; era titolare di un fratello emigrato a Londra, commesso del più grande negozio di dischi rock’n’roll della capitale ye ye del mondo. Inascoltata, la sveglia ha fato il suo onesto lavoro mentre ascoltavamo estasiati, primi sul territorio nazionale, le sconvolgenti note di Black Magic Woman, puro, squisito blues dei Fleetwood Mac; in fondo alla stanza, in muta solitudine il comandante Armstrong calcava il suo grosso moon boot sulla Luna, un piccolo passo per un uomo un grande passo per l’umanità. Risiede in questo peccato originale una mia qualche estraneità all’entusiasmo universale per l’impresa lunare, relegata, assieme all’album di figurine L’Uomo nel 3000, nei candidi sogni fantascientifici della preadolescenza, e con 2001 Odissea nello Spazio, in una metafora non così evidente per la mente ancora in formazione di un postadolescente. La stessa idea di conquista della luna mi lascia interdetto; lassù non ci sono stati massacri e spoliazioni, che danno l’idea più che certa di una conquista territoriale, né si è venuti a conoscenza  di inedite verità, tipico esito delle conquiste intellettuali. E volgendo lo sguardo dal pallido astro all’azzurro globo terraqueo, non posso non pensare a ciò che disse sconsolato Josè Saramago nel suo discorso in occasione del Nobel: di questi tempi, è più facile arrivare su Marte che al nostro simile.