Ammirate la plastica mobilità di questa parola. Il senso di marcia, i cinque sensi, il sesto senso, il senso di Smilla per la neve, il senso di un discorso, il senso della vita, il nonsenso, il doppio senso. Che relazione c’è tra il senso unico alternato e il senso dell’olfatto? E tra il senso di Smilla e il doppio senso? Così, a occhio e croce nessuna, eppure cosa non ci si può fare con una bisillaba che non si sa neppure bene da dove viene. L’abbiamo presa dal latino sensus per farne di ogni, ma dove se la sia andata a prendere il latino non si sa; il che è strano perché i latini non ertano gente complicata, le complicazioni se le andavano a pescare dai greci che ne erano monopolisti, e invece questa parola lo è. Nel dizionario etimologico del De Voto, si fa cenno a un possibile acquisto dal germanico sinn, senno, mente; Giovanni Semerano nel dizionario etimologico latino, parte della sua aurea opera Le origini della Cultura Europea, non riporta neppure il lemma, ma frugando nell’appendice delle voci moderne, si scopre che sinn ha origine dal più antico sinnen, andare, viaggiare. E da lì si va per incroci semantici fino all’accadico senum, scarpa. E qui siamo nel gran mistero, come si fa a partire dalla scarpa per arrivare al senso della vita? Nelle sue confessioni Lev Tolstoj ricorda di essere stato tentato dal suicidio allorché non riuscì a trovare un senso alla sua vita. Forse si è dato un’occhiata alle scarpe e, visto che erano buone, ha preso ad andare, e andando infine lo ha trovato. Etimo e ragione.