La semplicità della perfezione

Mi piace il panettone, lo sanno tutti e per le feste me ne regalano tre, quattro, quest’anno cinque, come consuetudine sono tutti qua in attesa di essere devoluti, sono anni che non ne assaggio neanche una fetta. Già, perché sono anni che non sono più panettoni, e a me è appunto il panettone che piace. Piace il buon vecchio dolce natalizio nato un paio di secoli or sono dalle mani di un fornaio lombardo, riconoscibile per la leggerezza della pasta di lunga lievitazione, per il colore brunito del burro tostato e per la presenza di uvette e canditi, lussuosa aggiunta risalente ai primi del ‘900; punto e basta, nel suo genere un cibo perfetto. Ci sono realizzazioni dell’umano ingegno che sì, hanno assunto lo stato della perfezione, tra le tante il cucchiaio e la forchetta, ad esempio, e il panettone. Provate a mettere mano al cucchiaio o alla forchetta, c’è chi l’ha fatto, progettate un cucchiaio quadrato o triangolare invece che della sua consueta forma ovoidale, realizzate una forchetta con cinque invece dei consueti quattro denti, mettete al posto dei collaudati manici una roba a zig zag, lasciatevi andare alla fantasia, otterrete un oggetto innovativo, magari di alto design, che funziona peggio di quello che avete trovato nella cucina di vostra nonna o non funziona del tutto, perché la perfezione si può solo manomettere non migliorare. Mentre è ancora facile reperire cucchiai e forchette “normali”, è impossibile trovarne di panettoni. Non c’è pasticcere, forno artigianale e industriale, grande e piccola azienda, che non si sentano in dovere di manomettere, così in casa al momento ho panettoni pandorizzati privati di canditi e uvette, montegrinizzati col cioccolato, babaizzati con il rum, colombizzati con mandorle, glassati, farciti, violati in ogni possibile variante, non un solo perfetto, usuale, semplice panettone. Ho provato ad assaggiarne, qualcuno fa schifo, qualcuno sa di qualcos’altro, nessuno sa di panettone. Perché tutta questa perversione? Perché in un panettone come in ogi altra realizzazione umana, la perfezione è semplicità e la semplicità irrita, la semplicità è povertà, è irrilevanza, non luccica, non si impone, non urla; già un panettone farcito di zabaione e imbevuto di rum e ricoperto di glassa sbraita, urla, e è anche fichissimo postarlo su istagram. La perfezione è semplicità e la semplicità è eleganza, e questi non sono tempi eleganti, l’eleganza frena l’economia e abitua male il popolo. Alla fine un panettone come si deve ce l’avrò, l’ho ordinato da un  pasticcere milanese dove si serve un conoscente, un ricco borghese che lui sì, ha i mezzi per capire la perfezione e l’eleganza nella semplicità, non ha bisogno di sbraitare per essere riconosciuto e di postare niente su istagram per sentirsi vivere. Naturalmente in questa età iperclassista quel panettone semplice semplice lo pagherò una cifra da capogiro.

Il Secolo XIX, 31 dicembre 2017