Canto di Natale

Canzone di Natale. Venerdì mattina, penultimo giorno d’avvento, a un passo da casa mia in un cantiere si è spezzato il braccio di una gru e i due operai che stavano lavorando sulla piattaforma che la gru sosteneva sono precipitati per dieci metri, Carlo è morto sul colpo, Ahmed è in coma. Carlo aveva quarantacinque anni, due figli, un maschio e una femmina, la moglie, lo conoscevamo di vista, era un uomo molto riservato e dolce. Ahmed ha diciotto anni, viene da un paese vicino e si sa solo che ha una madre e diversi fratelli, tutti lavoratori. Abbiamo sentito il fracasso della ferraglia e che si schiantava a terra, poi le sirene, non abbiamo sentito un grido, un allarme, questi sono suoni che non passano i doppi vetri di una casa. Sono sceso per vedere, non ho visto niente, quando ho chiesto e mi è stato detto, non ho nemmeno pensato niente, mi è solo venuta in mente una canzone, illogicamente e sconvenientemente. È una canzone che conosco a memoria, sia nella versione originale in lusitano scritta da Chico Barque quarant’anni fa, sia nella traduzione italiana di Enzo Jannacci, si intitola La Costruzione, e ora è la mia canzone di Natale. Questo è il testo: quella volta amò come se fosse l’unico, e poi baciò sua moglie come se fosse l’ultimo e ogni figlio suo come se fosse il Prodigo, e attraversò la strada con il suo passo timido, salì la costruzione come fosse macchina, mise mattone su mattone in un disegno logico, ha gli occhi già impastati di cemento e lacrime, si siede a riposare come fosse un principe, mangia riso e fagioli come fosse il massimo, e inciampò nel cielo come sentisse musica, fluttuò nell’aria come fosse un passero, cadde giù per terra come un pacco fradicio, agonizzò nel passaggio pubblico e morì disturbando il traffico. La consiglio a tutti come canzone natalizia dell’anno, su Youtube se ne trovano diverse interpretazioni, potete impararla in fretta o meglio ancora farla cantare ai bambini davanti all’albero dei regali. Non guasterà affatto la festa, anzi, è un motivo sul ritmo di una delicata bossa nova, una danza piuttosto allegra, e in questo modo avrà il doppio effetto di ricordarci che il giorno di Natale è pur sempre un giorno da passare in questo mondo e  nel contempo di non renderci per questo troppo tristi. Un Natale meno che triste, anche solo pensoso, abbassa il PIL nazionale di un punto buono, a non essere felici c’è da passare da traditori della patria.

Il Secolo XIX, 24 dicembre 2017